Thursday, November 21, 2024

Text_ Gemma Russo Photo_ Riccardo Sepe Visconti

Ciro Coccia ha l’arte tradizionale del pizzaiolo napoletano, dal 2017 Patrimonio Immateriale dell’UNESCO, nel proprio corredo cromosomico. Terzo di quattro fratelli, tutti pizzaioli, è da sempre vissuto tra impasti e preparazioni. Erano i primi del Novecento quando nonna Fortuna iniziò a lavorare nella ristorazione in zona Duchesca, poco lontano da Castel Capuano. “In principio era una semplice osteria nei pressi della stazione, che poi mio padre, negli anni ‘50, ha trasformato in un ristorante e pizzeria”, racconta, “Io e i miei tre fratelli abbiamo sempre aiutato.

Ci siamo formati lì e, man mano che crescevamo, il più grande passava la staffetta a quello più giovane. E allora c’è stato prima Enzo, poi Carmine e Salvatore, infine io”. Quei locali a piano terra accolgono tutt’oggi la pizzeria Fortuna, in cui Ciro ostinatamente prosegue l’attività di famiglia, arricchendola con il proprio bagaglio professionale, fatto da passione e tanta gavetta. Dal 2013, però, è anche patron della pizzeria La Dea Bendata a Pozzuoli, dove porta avanti con tenacia e umiltà la sua idea di pizza: forno a legna, farina tipo 0/00, impasto a lunghissima lievitazione, senza utilizzo di refrigerazione, materie prime d’eccellenza e prodotti di stagione. A pranzo è assorbito dai ritmi frenetici della Pizzeria Fortuna, nella zona di piazza Garibaldi, che sforna a tambur battente, mentre alla sera cordialmente accoglie chi sceglie La Dea Bendata a Pozzuoli sul Lungomare Pertini, che parte ai piedi del quartiere Terra arrivando fino a Bagnoli. Un tempo qui vi erano numerosi bagni termali, risorsa economica sostenibile per una zona naturalmente vocata al termalismo, mentre oggi pullula d’attività       ristorative dall’offerta molto varia. “Ho scelto con mia moglie Federica la città di Pozzuoli per la nostra famiglia” – spiega -“Ci siamo stabiliti qui. Quando ho aperto la pizzeria, ho posto l’attenzione sugli ingredienti che non solo devono essere di qualità, ma anche parlare del territorio flegreo, facendone sentire il sapore, raccontando storie resilienti di produttori e allevatori che, ogni giorno, fanno il loro lavoro con amore e coscienza. Affinché l’impasto sia digeribile, occorre la lunga lievitazione per cui ci vuole tempo. Allora, non puoi lavorare sui numeri ma sulla qualità. Bisogna essere coerenti, mettendo nel piatto ciò che è scritto nel menù e i prodotti esposti in pizzeria. Poi c’è il costo del lavoro. Nessuno qui lavora in nero e allora è normale che la pizza costi un po’ di più, ma avrai un’altra cosa nel piatto che è prima di tutto etica”.

Scrupoloso, prepara egli stesso l’impasto per entrambe le pizzerie. Utilizza farina di media forza per impasti sottoposti a 24 ore di lievitazione completamente a temperatura ambiente, digeribili perché si è raggiunto il perfetto equilibrio tra lievitazione e maturazione. Il segreto della sua pizza?

Sta in semplici percentuali: 60% buona pasta; 20% prodotti di farcitura di 1° qualità; 10% stesura della pizza; 10% cottura che è fondamentale, come la figura del fornaio. “Deve conoscere i tempi e la fiamma adatta a ciascun tipo di impasto” – chiarisce – “Solo attraverso l’interazione tra pizzaiolo e fornaio, la pizza è buona. Faccio un esempio: se il forno ha una temperatura troppo forte, si rischia di rendere l’impasto molto idratato, quindi umido. Puoi fare anche un buon impasto, ma se la cottura non è ottima, tutto diventa inutile”.

La chiacchierata continua assaggiando le sue prelibatezze, iniziando da due fritti, asciutti e ben eseguiti. Delicatissima è la frittatina di pasta con crema di piselli Santa Croce e speck: profumata al naso, allertato dal pungente odore delle foglioline di menta; croccante al morso per le zucchine San Pasquale, tagliate a julienne. Ha il sapore della tradizione la montanarina con il pomodoro San Marzano e le opulente foglie di basilico. Un morso saporito, preludio alla preparazione in assoluto più diffusa e apprezzata al mondo: la pizza.

Favetta: Una delicata vellutata di fave è base della preparazione. Utilizza le fave di Miliscola, varietà di notevole tenerezza e dal sapore caratteristico per via del terreno vulcanico. Veste la base con fiordilatte e Provolone del Monaco, aggiungendo quel tocco in più con gherigli di noce e guanciale affumicato. Quest’ultimo, cotto, libera in bocca delle piacevoli note d’affumicatura che bilanciano la base tendente al dolce.

Pizza di piselli Santa Croce: Il fiordilatte e il Parmigiano Reggiano, stagionato 36 mesi, vestono la base punteggiata di verde dai tondeggianti piselli Santa Croce. La pancetta è adagiata sulla pizza nel momento esatto in cui questa è sfornata, regalandole una piacevole sapidità. La maniera in cui è posizionata sembra far roteare il disco di pasta che al morso è decisamente delizioso.

Pizza ai fiori di zucca: Prendi forchetta e coltello per dividerla in spicchi e la sensazione che si ha è quella di affettare una nuvola: bianca per il fiordilatte; spumosa per la ricotta di bufala dell’alto casertano dolcemente sapida; decisa per il Parmigiano Reggiano, stagionato 36 mesi. I fiori di zucca diventano allegre girandole sul disco di pasta, regalando al morso un leggero retrogusto amaro, bilanciato dal fruttato dell’extra vergine di oliva D.O.P. "Colline Salernitane" prodotto dal Frantoio Torretta.

Per Ciro Coccia la pizza ideale è: “La margherita! E non nascondo che per me debba essere anche a portafoglio. In essa tutti gli ingredienti si amalgamano strepitosamente. Se metti a confronto la pizza piegata a portafoglio con quella servita nel piatto, vedrai che non sono uguali”.

Provare per credere!

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