Dieci tartarughe marine raccolte ferite e curate presso la Stazione Zoologica Dohrn di Napoli, di nuovo libere nel mare di San Montano.
Text: Gianluca Castagna
Photo: Oceanomare Delphis Onlus
Per la tartaruga marina il tempo è fatto di secoli. Millenni. I suoi antenati videro i continenti prendere forma più di 200 milioni di anni fa. Sopravvissero ai grandi cataclismi e alle ere glaciali. La spuntarono perfino sui loro antichi nemici: i dinosauri. Quando arrivarono, le tartarughe fuggirono verso il mare e divennero creature delle maree e degli abissi. Ma la terra non voleva lasciarle andare e reclamò la sua maternità. Per questo, lungo le invisibili strade del mare, fatte di correnti calde, vortici, acque stagnanti o tempeste, insidie impreviste – gli artigli dell’uomo sono sempre più implacabili – la tartaruga marina nasce dalla terra e qui ritorna, una volta adulta, per depositare il suo patrimonio di vita.
Nell’avventura di una Caretta caretta, così come viene comunemente chiamata, gli incidenti mortali sono sempre più frequenti. L’animale che ha visto così tante creature del nostro pianeta andare e venire, rischia di essere a un passo dall’estinzione. Ecco perché è stata una giornata davvero speciale quella vissuta sulla spiaggia di San Montano a Lacco Ameno in una mattinata uggiosa di ottobre. Dieci esemplari di tartarughe marine sono stati liberati in mare dopo un lungo periodo di degenza presso il centro di recupero della Stazione Zoologica ‘Anton Dohrn’ di Napoli. L’operazione di rilascio è diventata l’occasione per conoscere qualcosa di più sulla storia naturale di questi animali nel Mediterraneo, sui loro straordinari adattamenti alla vita marina, sui molti misteri che ancora circondano la loro vita, su tutte le novità che riguardano la ricerca scientifica e la sopravvivenza di questa specie. Ma anche su quanto ognuno di noi può fare nel quotidiano per la tutela dell’habitat marino in cui vivono, anch’esso a rischio. Per l’occasione sono stati esposti e illustrati, anche attraverso la proiezione di filmati, i materiali più comuni che feriscono le tartarughe o che esse possono ingerire: ami, oggetti in plastica, cicche di sigaretta, lenze e altri elementi, spesso fatali, che determinano gravi danni al mare e alla vita dei suoi abitanti.
Grazie alla collaborazione del Parco Idrotermale “Negombo” che ha ospitato l’evento “Un tuffo nel blu”, più di cento giovanissimi studenti delle scuole elementari di Lacco Ameno e Casamicciola hanno partecipato con entusiasmo e curiosità a una giornata di divulgazione scientifica e a un evento che ha coinvolto tanti cittadini e turisti accorsi sulla spiaggia di San Montano per vedere ritornare nel loro habitat naturale alcuni tra gli abitanti del mare più teneri, simpatici e amati.
Caprella, Agatha Christie, Annunziata Stone, Gran Finale, Pietro, Eliseo, Arianna, Carla, Paolo e ADM: questi i nomi dei dieci esemplari che nei mesi passati sono stati condotti in salvo alla Stazione Zoologica Anton Dohrn dove hanno ricevuto tutte le cure mediche necessarie per guarire. Portate in spiaggia attraverso delle grandi vasche, le Caretta caretta sono state lasciate sulla battigia. Due esemplari erano equipaggiati di trasmittente GPS/GSM, strumento in grado di registrare dati rilevanti da un punto di vista scientifico e di monitorare le immersioni e la posizione degli animali una volta liberi in acqua, tramite un sms. La prima ha esitato un po’ prima di tuffarsi, le altre non hanno perso tempo e hanno affrontato il mare sotto l’occhio vigile dei ricercatori, degli studenti delle scuole, degli uomini della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza. Presidii importantissimi, questi ultimi, per opporre un deciso contrasto alle svariate attività illecite che in Campania vengono perpetrate a danno dell’ecosistema marino. Ogni anno 133mila tartarughe marine della specie Caretta caretta finiscono accidentalmente nelle reti dei pescatori o non sopravvivono all’inquinamento e ai pericoli a cui questi splendidi animali sono esposti, e che sono esponenzialmente accresciuti dalle attività dell’uomo. E i numeri reali potrebbero essere perfino più alti di quelli stimati.
La baia di San Montano, a Lacco Ameno, non è stata una scelta a caso. «E’ allineata con le due testate del Canyon di Cuma», ha spiegato Maria Cristina Gambi, Coordinatrice del Laboratorio Ecologia Bentos nella sede di Ischia della Stazione A. Dohrn. «E’ una zona speciale che non hanno tutte le aree marine protette. Qui vige il protocollo internazionale di protezione di cetacei. Quindi niente passaggio di grandi navi, moderata velocità di navigazione (sotto i 12 nodi), interdizione della pesca pelagica in modo da non prelevare risorse indispensabili per cetacei e tartarughe. Per la sua particolare conformazione, il canyon contribuisce a concentrare i sedimenti, incrementando la circolazione delle acque, favorendo la risalita dei nutrienti dal fondo grazie a correnti ascensionali e consolidando la catena alimentare al cui vertice si trovano proprio i cetacei e le tartarughe». La baia di San Montano, dunque, rappresenta il punto di partenza ideale per raggiungere questo habitat: in un miglio e mezzo dalla costa, le tartarughe troveranno le condizioni idrografiche e probabilmente trofiche per poter continuare a vivere. L’odissea marina continua.