La vicenda dell’Area Marina Protetta Regno di Nettuno, che comprende le isole di Ischia e Procida, con i loro oltre 70mila residenti, cui si aggiungono i milioni di presenze estive (oltre 3 mln e 500mila nel complesso), con al suo interno migliaia di aziende e strutture che si dedicano al turismo, è giunta ad uno snodo che potrebbe essere epocale, decisivo per il suo sviluppo futuro. Vogliamo cercare di capire perché, attraverso la voce di tre persone che hanno punti di osservazione molto differenti – definiti dai loro ruoli – rispetto a quanto è accaduto da quando il Regno esiste. In primo luogo, Albino Ambrosio, senza il quale l’amp non esisterebbe, a lui si deve, infatti, la promozione ed il coordinamento dell’azione “politica” che ne hanno determinato la creazione. Riccardo Strada, biologo marino, è stato responsabile per l’ambito socioeconomico dello studio di fattibilità che ha portato all’istituzione dell’amp e direttore del Regno di Nettuno per 5 anni. Infine Giancarlo Carriero, uno dei più importanti imprenditori attivi nell’isola – essendo proprietario del suo più prestigioso hotel L’Albergo della Regina Isabella – il quale in questa veste, ma soprattutto come persona che ha a cuore il destino ambientale ed economico di Ischia (e i due fattori camminano sempre più di pari passo), è intervenuto pubblicamente, a più riprese, per far dialogare i protagonisti nell’ultimo periodo concitato di attività dell’amp, prima che si giungesse al commissariamento da parte del ministero dell’Ambiente. E da questo commissariamento, iniziato nel maggio 2015 e che vede il Regno di Nettuno passare sotto la responsabilità della Capitaneria di Porto e del contrammiraglio Antonio Basile, deve ripartire la riflessione sul rapporto fra le due isole e l’indispensabile tutela del loro mare.
UN’OCCASIONE PERSA
Con tanto rammarico ho appreso la notizia che Il Ministero dell’Ambiente ha tolto al Consorzio pubblico formato dai sette Comuni dell’isola d’Ischia e Procida la gestione dell’Area Marina che gli era stata affidata alcuni anni orsono. Nei termini e per le ragioni addotte credo che questo sia l’unico caso verificatosi in Italia da quando, nei primi anni ’90, il Parlamento decise di istituire anche da noi questa specifica forma di protezione e promozione territoriale, da tempo esistente in tanti altri paesi con risultati generalmente molto positivi non tanto e non solo per la tutela dell’ambiente, ma soprattutto per lo sviluppo di un’immagine di qualità, con conseguenti ricadute spesso notevolissime per le economie dei relativi territori. Va ricordato che la gestione di un’Area marina per legge può essere affidata solo agli Enti Locali, alla Capitaneria o ad un’associazione ambientalista nazionale, ma è ovvio che pressoché sempre e, specie in un contesti complessi e difficili come il nostro, l’unica ipotesi realistica di concreta gestione rimane la prima e ciò perché in località turistiche ogni iniziativa relativa alla ricerca, allo sviluppo ordinato della nautica, della pesca, della gestione del sottocosta s’identifica indissolubilmente con il governo del territorio amministrato. Ed infatti località turistiche già di alto profilo quali Portofino, la Costa Smeralda, le Cinque Terre e tante altre, attraverso una buona gestione del potere concesso loro, hanno tratto consistenti benefici proprio sotto il profilo del rilancio turistico, indotto economico ed occupazionale. E pertanto, proprio per la sua evidente valenza socioeconomica, tale compito non è certo possibile alla Capitaneria o ad un’associazione ambientalista.
Anche qui da noi, nei primissimi tempi della gestione della nostra Area che mi vide Presidente del Consorzio, con la collaborazione di alcune
associazioni imprenditoriali, dei pescatori, dei balneari, di associazioni ambientaliste progettammo tante iniziative miranti sia a comunicare e rendere visibile la specifica qualità del nostro territorio marino che a dar corso a nuove attività imprenditoriali ad essa collegate. Ricordiamo la formazione di un centinaio di volontari (oggi dispersi e certo anch’essi delusi) che uscivano quotidianamente in mare su nostre imbarcazioni per informare e regolare la nautica presente, gli spazzamare che ottenemmo dal Ministero, l’impegno dell’Ammiraglio della Capitaneria grazie al quale cessò la pesca industriale (strascico e cianciole) vietata nel sottocosta tanto che in un solo anno, come testimoniato dalla piccola pesca locale, la fauna ittica risultò addirittura raddoppiata, la predisposizione di centri pubblici d’informazione, le visite marittime guidate, i progetti di finanziamento per il pesca turismo altrove fiorentissimo con redditi significativi e per l’archeologia marina, la progettazione di minidepuratori biologici (i MUDS) da inserire nelle sette condotte esistenti, la stampa di materiale informativo, i convegni scientifici e divulgativi e tante altre attività di comprovato successo in altre Aree già istituite alcune delle quali visitammo pure a tale scopo.
Alla prima scadenza il Consiglio di Amministrazione fu però in parte cambiato dall’Assemblea dei Sindaci quando molte delle iniziative cui ho fatto cenno erano ancora in fase di prima esecuzione e l’entusiasmo iniziale, non certo per colpa dei successori, si affievolì sempre di più, così che molte di esse non furono completate o, quelle realizzate, cessarono del tutto.
Per venire alla domanda di fondo che l’infamante provvedimento del Ministero ci pone e cioè “che fare adesso”, bisogna allora comprendere perché quelle buone iniziative iniziali (simili poi a quelle poste in essere in tante altre Aree Marine) da noi non hanno avuto alcun seguito. Non è facile rispondere, ma quello che è certo è che il Regno di Nettuno – fin dalla sua istituzione, avvenuta non come altrove per pressioni politiche, ma solo per le superlative eccellenze del nostro mare – fu accompagnato da una forte diffidenza culturale della maggior parte dell’opinione pubblica, insofferente e timorosa di nuove regole e presunte limitazioni (queste ultime del tutto minimali e peraltro ignote ai più) e, certo per ignoranza, non consapevole delle grandi e positive occasioni che la scelta ministeriale comportava per un sito turistico come il nostro. Purtroppo a tale atteggiamento si adeguò fatalmente anche quello della maggior parte dei pubblici amministratori. A fronte, infatti, di tale generalizzato atteggiamento indifferente se non diffidente della società civile, essi rimasero in massima parte estranei alle iniziative citate, non ne promossero mai alcuna per l’ovvia fatale prudenza che la “politica” (cui era stata, invece, affidata la gestione del tutto) sposò a fronte dell’evidente, mancato consenso di gran parte della cittadinanza isolana. Che fare allora? L’unica ipotesi è che i Comuni già affidatari della gestione, facendo ammenda, promuovano nuovamente un serio e concreto piano d’azione e di iniziative da presentare al Ministero, con la speranza di una revoca del provvedimento ed un nuovo affidamento di gestione. E’ con amarezza che però anche questa ipotesi mi sembra improbabile per l’atteggiamento delle Amministrazioni di cui si è detto, le quali, per non rischiare un calo di consenso, hanno privato l’isola di un’importante occasione di crescita, così utile in un momento di grave crisi qualitativa – e non è poi detto che il Ministero rinnoverebbe una fiducia così incredibilmente tradita.
UN LUMINOSO FUTURO ALLE NOSTRE SPALLE
text_Riccardo Strada
“Un luminoso futuro alle nostre spalle”: questo potrebbe essere il titolo più appropriato per un articolo sul Regno di Nettuno. Ma non dobbiamo farci ingannare dall’evidente ossimoro, perché in quella frase la contraddizione è più apparente che reale. Se, infatti, la sensazione predominante tra chi discute sul destino dell’Area Marina Protetta è che questa sia stata una grande occasione mancata, la realtà è che l’incredibile potenzialità del “Regno” non è stata ancora espressa e che, quindi, il luminoso futuro sia ancora lì, chiuso in una specie di lampada magica, in attesa solamente di Aladino, capace di intuire cosa sia racchiuso dentro questo apparentemente “sgarrupato” barattolo, e trovare il modo di stapparlo, liberando il genio che vi è dentro.
L’AMP, infatti, non è Ischia, e non è Procida, ma le contiene; l’AMP è il mare, i fondali, i pesci, i coralli, i delfini, le balene e le mille altre creature che frequentano questo ambiente in cui il mare, il fuoco e la roccia si fondono amalgamati dal sole. L’AMP contiene le due isole con tutto il loro patrimonio turistico, di tradizioni gastronomiche e paesaggistiche, la storia marinara e dei loro pescatori e tutta la cultura che dai tempi del neolitico e della civiltà micenea hanno colonizzato, vissuto e plasmato queste isole e questo mare. E tutte queste “cose”, come in ogni angolo di Mediterraneo, devono essere parte integrante di un unico grande progetto, che non può puntare tutto su una o sull’altra componente sociale, ambientale od economica.
La gestione dell’AMP non è, e non può essere, la creazione di un grande parco acquatico, o viceversa un acquario mediterraneo dove tutto è protetto e proibito.
È un organismo complesso, che vive ogni giorno ed in cui vivono decine di migliaia di persone, per le quali la gestione deve diventare l’orgoglio di stare in uno degli angoli più incredibili del Mediterraneo, con cui creare un rapporto di armonia e di crescita economica basata sulla bellezza e sulla salubrità del suo ambiente, la limpidezza del suo mare, il gioco dei delfini sotto le chiglie delle barche e le grandi cernie che vengono a salutare i subacquei senza paura. Non può essere il parco giochi per la pesca sportiva, oppure il distributore di denaro per progetti che nessuno sa come sostenere… ma che danno da lavorare a qualcuno.
Da questo punto di vista, certamente un fallimento vi è stato. È il fallimento della classe politica locale, che si è lasciata sfuggire l’occasione di avere, e dare a questo arcipelago, il suo vero destino internazionale, troppo presa da ragionamenti di breve respiro, dalla valutazione del vantaggio elettorale immediato, dalla necessità di dire sempre di sì a tutti coloro che protestavano contro il rischio di dover rispettare questo ambiente e rinunciare a qualcosa oggi, per guadagnare di più domani, con il pensiero continuo a come poter sfruttare oggi la gestione di un ente con pochi soldi, destinati al domani, ma immediatamente spendibili.
È sotto gli occhi di tutti il risultato, e qualunque polemica personale sarebbe inutile e stupida, perché la revoca della gestione dell’AMP ai Comuni è una sconfitta di un sistema, non di tizio o caio, non del sindaco X o dell’assessore Y, ma anche di una classe imprenditoriale che questo sistema ha accettato.
Il tutto contro l’evidenza, gli ordini e le leggi dello Stato, la ricchezza creata dalle altre Aree Marine Protette, sbandierata, pubblicizzata e nota a tutti, tranne che a chi non voleva vedere. Ma la lampada di Nettuno è ancora qua, in mano alla Capitaneria di Porto di Napoli, con tutto il suo luminoso futuro bloccato dalla ruggine. E quando sarà finito il lavoro di rendicontazione e verifica dell’amministrazione fatta dai Comuni eliminati dal gioco, qualcuno si farà avanti per assumerne la gestione. Quel qualcuno, non avendo scadenze elettorali e clientele da soddisfare, potrà finalmente svolgere il complesso compito di realizzare quello che possiamo definire il piano regolatore del mare del Regno di Nettuno.
E la lampada, forse non subito, ma splenderà. Ed allora le amministrazioni locali, i sindaci, le associazioni di imprenditori e le forze economiche e politiche avranno di nuovo la scelta: affiancare l’ente gestore, dialogare con lui e contribuire alla creazione del futuro, oppure rinnovare stupidità ed ottusità.
L’ARMONIA NECESSARIA
text_Giancarlo Carriero
Voglio premettere il motivo per cui io, imprenditore turistico, sono interessato al destino dell’AMP, perché ho impiegato tanto inchiostro per essa, o se preferite tanto tempo al mio computer. In estrema sintesi ritengo che Ischia abbia bisogno di essere rilanciata partendo da quello che maggiormente chiede la clientela internazionale, che poi è anche un suo punto di forza: la bellezza dei suoi elementi naturali, cioè mare, acque termali, boschi. Non dimentico le altre eccellenze isolane quali l’ enogastronomia o i suoi giacimenti culturali come il Castello o Villa Arbusto, ma quello che forse ha maggiore bisogno di rilancio è il comparto naturalistico dell’isola. E che questa sia una richiesta pressante della nostra clientela è molto più che una mia opinione, è il risultato di quintali di ricerche effettuate da fonti indipendenti ed autorevolissime. Ma per venire incontro alle richieste di un pubblico sempre più informato e consapevole non basta solo dire “Noi proteggiamo la Natura”, bisogna anche farlo. Altrimenti, se cioè promettiamo ma non facciamo, rischiamo di indurre delusione nei turisti che a quel punto, forse, ci abbandoneranno definitivamente. Ora però, penso che non si debba essere ipocriti. Rilanciare le bellezze naturali dell’isola significa necessariamente accettare qualche limitazione per chi ci abita e ci lavora, e anche per i turisti stessi. Non si può parlar male del traffico e poi pretendere di utilizzare l’auto anche per poche centinaia di metri, reclamare l’aria pulita e poi andare in giro con un SUV, chiedere mare incontaminato e distruggere la Posidonia con la propria àncora; e tanti esempi si potrebbero aggiungere. Ma d’altronde non possiamo neanche pensare di raggiungere il livello di protezione naturalistica di un’isola come, ad esempio, Montecristo: quella è un’isola disabitata, e penso che nessuno abbia in mente tale modello di sviluppo per Ischia! Non porterebbe a nulla cercare di ottenere da un’isola che in estate conta diverse centinaia di migliaia di abitanti,
ciò che può realizzarsi solo in un’isola deserta. Dunque occorre un compromesso tra rigore naturalistico e necessità di sviluppo. Perché il rilancio delle bellezze naturali dell’isola divenga un fattore propulsivo per l’economia turistica occorre da un lato “fare sul serio”, dall’altro limitare i sacrifici che ne deriveranno.
Da queste considerazioni discende il mio modello di sviluppo dell’AMP, che è dunque il seguente: una coesistenza tra un livello che garantisca il valore scientifico delle iniziative, e uno che a nome della realtà produttiva isolana ne rappresenti le esigenze turistiche. Il livello scientifico deve avere un ruolo da protagonista, da vero motore delle iniziative. Quello amministrativo dovrà controllare la coerenza tra le iniziative dell’AMP e le esigenze di fruizione turistica dell’isola, avendo la facoltà di limitare divieti e regolamentazioni di qualsiasi natura, segnalando i casi in cui diventassero realmente improponibili.
Il Consorzio che ha gestito sinora l’Area Marina Protetta poteva e doveva rappresentare questo compromesso. Purtroppo così non è stato: nei fatti si è dimostrato sbilanciato contro la parte scientifica rappresentata dal dott. Strada, accusato e poi licenziato a seguito di svariati episodi che, francamente, a me come a molti altri sono sembrati poco significativi, così da indurre il forte sospetto che ci fosse una strategia per allontanarlo. Probabilmente non era vero, ma deve essere sembrato così anche al Ministero, che ha revocato la gestione al Consorzio. Andranno avanti le carte bollate, da parte del dott. Strada contro il Consorzio e di quest’ultimo contro il Ministero, e ovviamente alla difesa del Regno di Nettuno dovrà pensarci solo il buon Dio! L’errore della parte politica è stato di voler a tutti i costi prevaricare la componente scientifica del Regno di Nettuno, di essere contemporaneamente proprietario, gestore e controllore dell’AMP. Credo sia stato un approccio sbagliato. Buonsenso ed equilibrio devono guidare questa difficile convivenza tra l’anima scientifica e quella amministrativa dell’Area Marina Protetta. Solo il rispetto da parte di ciascuno delle autonomie dell’altro può consentire al Regno di Nettuno di essere tra i protagonisti del rilancio dell’isola di Ischia, e magari della definitiva consacrazione di Procida.
Ci si avvia ora ad una ripartenza, non sappiamo ancora bene come e neanche esattamente quando, cioè se subito o dopo il tempo necessario ai ricorsi. Ma, indipendentemente dal momento in cui ciò potrà avvenire, facciamo tesoro degli errori sin qui commessi e cerchiamo di creare un organismo bilanciato ed equilibrato tra scienza ed esigenze turistiche, tra necessità di conservazione-protezione e fruizione dei beni ambientali. Sinora abbiamo assistito ad uno spettacolo in cui le diverse anime hanno suonato in modo scoordinato e disarmonico. E’ imperativo trasformare le recenti stonature in un’unica grandiosa, armonica sinfonia. La bellezza del territorio ci fornisce tutti gli strumenti per farlo, spetta a noi suonarli in modo giusto, così da attrarre sempre più persone sulla nostra isola. E su questa pietra fondante, costruire il suo rilancio turistico.