Friday, November 22, 2024

PER PROVARE L’AUTENTICA PIZZA (E TANTI PIATTI DELLA CUCINA NAPOLETANA), REALIZZATI SELEZIONANDO I MIGLIORI INGREDIENTI CAMPANI E ITALIANI, NEL LOCALE AL CENTRO DI ISCHIA, OSPITATO IN UNO STORICO VIVAIO.

Globalizzazione come sinonimo di tipicità, sapori veri, grandissima tradizione da provare in ogni angolo del mondo. Un binomio impossibile? Assolutamente no, se visto dalla prospettiva di un locale Rossopomodoro, dove è possibile provare il più celebre piatto partorito dalla fantasia dei napoletani, realizzato con attenzione alla sua storia e alle sue peculiarità in ambienti di stile contemporaneo, lontani dallo schema classico della pizzeria. Oggi il paese in cui è più presente è il Regno Unito, 10 locali nei diversi quartieri di Londra, uno a Newcastle e uno a Birmingham. E nel mondo si può mangiare in stile Rossopomodoro anche a New York (sono fra l’altro al Village e al World Trade Center), Chicago, Boston, a Copenhagen e Reykjavik, a Jedda in Arabia Saudita e a Riad in Marocco.

A Monaco come a Venezia – il locale italiano più grande con i suoi 700 mtq, unico forno a legna della città – e dal 2016 finalmente anche a Ischia, la pizza di Rossopomodoro è identica dappertutto, nella sua peculiarità e alta qualità, grazie al fatto che i prodotti base – farina, pomodoro, olio, latticini, la pasta per i primi – provengono tutti dai medesimi fornitori, campani, e i pizzaioli sono sempre napoletani. Come quelli che lavorano a Ischia, nel Rossopomodoro ospitato in una location inattesa e perciò più bella, lo storico vivaio Chiaiese che affaccia sul corso Vittoria Colonna, poco oltre piazzetta S. Girolamo. Dunque, un giardino dal fresco arredamento di sedie e tavoli colorati, un ampio e luminoso spazio interno e, al centro della scena, il forno. E’ l’altare su cui si officia il rito della pizza, disegnato dal celebre architetto e designer Riccardo Dalisi, che ha realizzato tutti i forni per Rossopomodoro. Tecnicamente è tradizionale – 2000 mattoncini refrattari, piano in cotto di Sorrento che garantisce la cottura a 400°. L’esterno, però, è ricoperto di mattonelle che riprendono il disegno di quelle del chiostro di S. Chiara, a Napoli. Realizzato in società con Pietro Lauro, Rossopomodoro Ischia propone un menù di pizze articolato ma equilibrato, in cui si dà spazio con intelligenza alle innovazioni necessarie per un piatto che ha un radicamento profondo nell’immaginario gastronomico di milioni di persone, senza indulgere, però, in eccessi inutili. E poi una vera specialità poco conosciuta sull’isola, la pizza fritta. Viene cotta nel classico ‘fuocone’, come si chiama a Napoli l’enorme teglia che, piena d’olio, compariva puntale nei vicoli il martedì e giovedì. Le dimensioni della pentola consentono al grasso di raggiungere una temperatura molto alta e di cuocere uniformemente la vera pizza fritta che deve essere grande, cose che in una normale friggitrice non sono possibili. Ischia, dunque, entra in questa grande famiglia, in cui camminano di pari passo creatività e rigore, indispensabili entrambi per far arrivare sui tavoli dei Rossopomodoro di tutto il mondo solo piatti che esprimano una filosofia, quella della grande qualità espressa attraverso i prodotti tipici. Per riuscirci, è indispensabile una filiera in cui il ruolo delle persone è determinante: come il gruppo di responsabili degli acquisti, che seleziona le materie prime, dall’olio (EVO della penisola sorrentina e delle colline Salernitane) alle farine (Caputo), alle paste di Gragnano, ai pomodori, che vengono scelti quando sono ancora sulla pianta (pomodori del piennulo del Vesuvio, datterini gialli di Battipaglia, San Marzano DOP, ecc.) e poi mozzarella di bufala campana DOP, bresaola di bufalo di Caserta, mortadella IGP, Gorgonzola DOP, pecorino Bagnolese… E sono solo alcuni dei prodotti adoperati per le pizze, i primi piatti, le preparazioni tipiche della cucina napoletana che costituiscono il menù. E poi i pizzaioli: sono loro, la loro sapienza, che fa la differenza: molti pizzaioli che lavorano con Rossopomodoro lo sono da 4 generazioni, si tramandano la tecnica di lavorazione della pasta, più che un mestiere un patrimonio di conoscenza, insomma. In primo luogo, i tempi lunghi di lievitazione dell’impasto, almeno 24 h, indispensabili per consentire all’amido della farina di trasformarsi in zuccheri semplici ed essere digeribile, mentre se si fa lievitare solo 7-8 ore l’amido resta indigeribile per l’essere umano e rende la pizza pesante. Nel menù le farciture classiche ci sono tutte, cui si aggiungono le pizze preparate con farine integrali, o la Pomodorosa, con 4 cultivar diversi di pomodori (datterino, piennulo, Corbara, S. Marzano). E ancora la pizza fritta, i primi, dai fusilli lunghi ragù e ricotta ai tubettoni patate e guanciale, alle tipicità che cambiano a secondo della stagione, ai dolci (da segnalare quelli con gelato al latte di bufala). Un menù costruito con cura, variegato, che conduce alla scoperta di prodotti che appartengono alla migliore realtà agroalimentare campana e italiana. C’è poi una componente “umana” che fa di questa pizzeria-ristorante un luogo speciale. Vi si organizza, infatti, una serie di attività che promuovono l’aggregazione e la cultura, sempre imperniate sul mondo delle pizze: per esempio il ciclo di incontri “Manine in pasta”, dedicato agli alunni delle scuole elementari che promuove momenti di educazione alimentare formativi e divertenti, per avvicinare i più giovani alle tradizioni e al piacere del cibo buono.