Thursday, November 21, 2024

SALVATE IL SOLDATO VALERIO…!

Valerio Di Pietro, giovane ma tenace segretario del circolo del PD di Chiaia (sezione altoborghese nella città di Napoli) è uno degli ultimi, convinti attivisti del Partito Democratico disposti ancora a gettare il cuore oltre l’ostacolo. Ascoltarlo, in una conversazione serrata, sulla realtà del PD partenopeo, offre una visione onesta, romantica e al tempo stesso disincantata del grande, grandissimo lavoro che la Sinistra – in particolare quella napoletana – deve fare se vuole continuare ad avere un peso nello scenario nazionale.

Fammi un brevissimo ritratto di te e di come è iniziato il tuo impegno in politica.

Classe 1986, sono ingegnere e un piccolo imprenditore nel settore edilizio, che poi era il lavoro di mio padre e dei suoi fratelli. Questa passione, una mezza “malattia”, per la politica viene da lontano, da mio nonno che era sindacalista, poi si è accesa ancora di più quando a mio nonno, mentre partecipava ad una delle manifestazioni in piazza negli anni di piombo, spararono alla testa. Cosa incredibile, non morì. È rimasto con questo proiettile nel cranio per tanti anni, il suo caso è stato anche oggetto di studio. Sono quelle cose che in qualche modo ti segnano, tutta la mia famiglia, dal mio papà fino agli zii, hanno sempre fatto politica.

Immagino tutti quanti nella stessa area…

Tutti nella stessa area, chi un po’ più, chi un po’ meno a Sinistra. Anche mio padre era sindacalista, poi scelse di diventare imprenditore, gli anni ‘80 sono stati meravigliosi per chi voleva fare impresa. Però questa passione per la politica è rimasta, anche mio fratello Marco, che aveva un rapporto di scontro e allo stesso tempo di ammirazione con nostro padre, è stato un attivista, segretario di quartiere dei DS.

Mi racconti cosa vuol dire essere di Sinistra, oggi?

E’ molto complicato rispondere. Io mi sento di centrosinistra, non però nel significato che davo a questo termine quando ho cominciato a fare politica con i Democratici di Sinistra, però sicuramente sono di Sinistra. Per me essere di Sinistra significa avere un sistema valoriale che si fonda sulla tematica dei diritti della Sinistra classica, quindi parliamo di attenzione verso gli emarginati, i più deboli, verso la tematica del lavoro dalla parte del lavoratore, e voglio aggiungere anche una propensione alla difesa dei diritti di omosessuali e transgender.

La mia sensazione è che chi è di Sinistra tenda a guardare soprattutto a questi aspetti (le battaglie per i diritti degli omosessuali per esempio), che per carità sono sacrosantissimi, mettendo in secondo piano il lavoro, mentre un tempo la Sinistra si occupava soprattutto di questa istanza.

Vero, e oggi non se ne occupa più…! Che poi è il motivo per il quale perdiamo elettorato.

Facendo una constatazione un po’ acida, si potrebbe dire che questa sezione della quale sei presidente è un po’ “fighetta”, radical chic, nella peggiore accezione del termine, è anche normale visto che ci troviamo alla Riviera di Chiaia, nella parte ‘buona’ e bella di Napoli. Ma c’è tutta un’altra parte che è molto diversa. Secondo te, questa città che sentimento politico esprime, tenendo conto che in passato Napoli ha avuto diversi rappresentanti di Sinistra, mentre adesso si teme che possa votare massicciamente a Destra?

Non mi convince quello che dici. Napoli è una città profondamente di Sinistra, ma nel senso ampio del termine, non di schieramento politico, quanto piuttosto nel suo sentire e nel suo vivere quotidiano. Napoli è anche una città crudele, fatta di cose bellissime e bruttissime, con il bellissimo e bruttissimo che si trovano assieme negli stessi posti e nelle stesse persone, e anche questo si trasferisce alcune volte nella ferocia del giudizio sulle persone e dell’attività politica e può condurre a scelte estreme. Io credo che quello che sta succedendo nel Mezzogiorno, il voto plebiscitario al M5S, sia il più grande sfogo frutto della frustrazione ancora democratico possibile. Il pericolo vero è che si possa andare ben oltre questo sfogo.

In questo momento va di moda parlare di Sardine. Tu ti senti Sardina?

Se Sardina è il termine con il quale si intende essere contro la Lega e l’impostazione salviniana, contro la violenza verbale e nelle azioni, da questo punto di vista sicuramente mi sento Sardina.

Non pensi che le Sardine se avranno successo possano rappresentare il de profundis di politici come Zingaretti e, quindi, guardando a chi si impegna localmente anche di figure come la tua? Sono convinto, infatti, che la prima vittima delle Sardine non sarà la Lega, che da antagonista potrebbe addirittura uscire rafforzata da questo confronto, ma che Mattia Santori e i suoi amici possano finire per fagocitare quella che apparentemente è la parte più vicina a loro, ma che è anche la più fragile, ovvero il PD…

Non credo sia così. Il PD a livello nazionale ha scelto di recuperare valori radicali della Sinistra, e non sono convinto che possa essere fagocitato da un movimento spontaneo. Il Partito Democratico in questo movimento c’è.

Beh, però non è stato invitato, nel senso che hanno dichiarato apertamente di non volere bandiere…

Come è giusto che sia dato che si tratta di un movimento: in molti casi bisogna superare lo schema dei partiti politici.

Sei andato alla manifestazione napoletana delle Sardine?

Sì, perché secondo me ci sono momenti in cui i partiti devono essere semplicemente lì ad ascoltare, non necessariamente a rivendicare. Oggi al PD, ma non solo a noi, a tutti i partiti manca molto l’ascolto, tanta umiltà e anche la voglia di faticare. Probabilmente la Lega è quella che fa meglio queste tre cose.

Tu come dirigente di sezione “fighetta” hai queste tre qualità?

Come segretario di circolo ho fatto e faccio tutte e tre queste cose, tenendo aperta una struttura nella quale non mi limito a reggere le redini della sezione ma provo a mantenerla costantemente in connessione con le associazioni. In realtà è l’idea che aveva Veltroni quando fondò il PD. In particolar modo a Napoli, però, c’è un’anomalia: in primo luogo abbiamo un vuoto generazionale e una lacuna a livello amministrativo, e questo spazio è stato occupato da De Magistris, e in secondo luogo non abbiamo un “livello provinciale” che svolga realmente il suo ruolo. In questi anni ho capito che la voglia di partecipazione al Partito non era più quella di un tempo, quando il circolo raccoglieva le istanze, risolveva i problemi di quartiere; siamo diventati piuttosto, anche per la presenza di professori universitari e di un certo tipo di persone, elemento catalizzatore di proposte, ma raccogliere proposte e concertare insieme ai consiglieri azioni politiche amministrative in realtà spetterebbe al livello superiore.

Quindi in questa sezione vi siete trasformati in una sorta di think tank…

Di fatto sì, ci abbiamo provato.

Quanto ascoltati, poi, a livelli di dirigenza napoletana?

Per niente!

Premesso che ho la tessera del PD e ne faccio convintamente parte, trovo che il PD napoletano sia estremamente corrotto.

Napoli politicamente è la fogna d’Italia. È così, i bravi e capaci nel partito scappano…

Che fare, allora?

C’è stata una fase lunga, negli ultimi 7/8 mesi, in cui anche io stavo riflettendo sulla possibilità di lasciare. Avevamo provato a prendere delle iniziative, invitando anche il presidente della Regione Vincenzo De Luca, perché ci sono delle personalità che vogliono interloquire con lui. De Luca ha stabilito una data ma alla fine non si è presentato. Quella è stata una delle grandi delusioni recenti per me. La delusione di non riuscire a svolgere il ruolo di cerniera, volevamo proporgli delle attività concrete. Sono convinto che non sia venuto perché inizialmente aveva immaginato di poter ricreare un rapporto diretto con i circoli, scardinando e smontando le aree, le correnti, le appartenenze, semplicemente venendo nei circoli. Poi ha capito che la realtà di Napoli è molto più complicata rispetto a quella di Salerno. Quindi, dopo aver tenuto il primo incontro a Chiaiano, ed è stata una passerella e non un momento di ascolto vero, deve essersi reso conto che non stava raggiungendo gli scopi che si era prefisso.

Nel PD c’è una ‘condiscendenza riluttante’ nei confronti di De Luca, se pensi che Rosi Bindi due giorni prima delle elezioni (Ndr. Le ultime regionali) lo definì “impresentabile”!

Quello fu l’approccio, molto cocciuto e poco lungimirante, di una che era contro De Luca. Era la fase in cui ogni giorno i giornali pubblicavano proiezioni diverse, ognuno si alzava e diceva qualcosa su qualcun altro. Non che oggi sia molto diverso, ma la frammentazione e le scissioni che ci sono state hanno portato a far parlare qualche persona in meno sui quotidiani. Però nella base, nell’elettorato non c’è mai stata riluttanza forte nei confronti di De Luca. C’è stata invece in alcuni dirigenti che immaginavano che si sarebbe impadronito del partito e avrebbe lasciato poco spazio alla città di Napoli.

Facciamo un passo indietro, a quando hai detto che stavi pensando di lasciare…

Sì, ho pensato di lasciare fino a un mese fa, perché non vedevo più prospettive nel partito e neanche la volontà di riprendere a fare politica in modo sano, bello, entusiasmante.

Cosa non ti piace del PD e, nello specifico, del PD napoletano?

Del PD napoletano non mi piace il fatto che ormai sia tutto balcanizzato. È una guerra tra bande e non vengono premiati né il talento politico puro (secondo me ce ne sono pochi di talenti politici, o forse non ce ne sono affatto come quelli di una volta), né la voglia di fare una politica di visione e di aggregare. Oggi Napoli è un coacervo di potentati e portatori di voti. Pochissimi riescono ad essere eletti e ad avere effettivamente anche un’idea degli obiettivi che il partito deve porsi, a fare una proposta politica. Basta guardare gli elenchi di eletti per capire di cosa sto parlando. Oggi a Napoli una persona che ha idee meravigliose ma non ha voti, o non li ha portati ad un candidato, non ha valore. E questo è sbagliato. Se ci fossero state delle dirigenze degne di questo nome, che avessero fatto un lavoro di scouting, ascolto e reclutamento, o almeno fossero andati a rappresentare qualcuno e qualcosa…! Anche la comunicazione è carente, ci riuniamo, ma a parte gli iscritti chi viene a saperlo?! È tutto un po’ autoreferenziale, la verità è che abbiamo delle difficoltà. Se vogliamo utilizzare gli strumenti di un tempo, ovvero parlare con le persone, lo facciamo in modo sbagliato. Se ci aspettiamo che la gente venga da noi, siamo fuori dal mondo: siamo noi a dover andare dalla gente. E torniamo al problema che non rappresentiamo più il mondo del lavoro. Oggi se vai nei campi dove raccolgono i pomodori, i ragazzi di colore che ci lavorano scelgono uno come loro che li rappresenti, perché noi là non ci siamo più, non parliamo più con loro. E non ci andiamo perché è faticoso, e la gente non vuole più faticare. Attenzione, non intendo dire che voglio rappresentare io il mondo degli agricoltori, perché so che farei ridere i polli. Come ci vado lì con la camicetta e le mie scarpette da 100 euro?! È anche il linguaggio, come ti poni, il tuo vissuto che ti permette di rappresentare un determinato gruppo di persone, non puoi rappresentare tutti.

Quanti ce ne sono, come te, che cercano di operare sul territorio? Fammi due, tre nomi…

Al quartiere San Ferdinando c’è Luisa Menniti, che ha un circolo molto simile a quello di Chiaia ma con un’età degli iscritti più avanzata, e continua a fare attività come noi, magari un po’ più seminariale rispetto alla nostra. A San Giovanni a Teduccio stanno provando a lavorare sul territorio, però essendo un circolo di frontiera, hanno un ruolo ben diverso da quello che abbiamo Luisa ed io, secondo me dovrebbero operare un po’ più a stretto contatto con i lavoratori.

Alle ultime elezioni comunali, sostenevi Valeria Valente come candidata sindaco e ti sei candidato tu stesso. Ma ho avuto la sensazione che lo facessi per spirito di servizio, per obbedienza.

Penso che Valeria fosse la candidata sbagliata perché in quella fase serviva una figura molto forte. Le persone che oggi muovono sentimenti nel centrosinistra a Napoli sono poche, due o tre, e all’epoca mi pare che non avessero accettato di candidarsi, parlo di Raffaele Cantone e Paolo Siani… Non mi piace definire la mia ‘obbedienza’, piuttosto ho sempre rispettato il partito. Si tratta di disciplina di partito, che ho ancora. Per cui: Renzi vince le primarie? Renzi è il segretario. Le vince la Valente? La Valente va sostenuta. Maturavo già da tanto tempo l’idea di candidarmi al Comune, e lì ovviamente subentra la grammatica e la routine della politica, devi dimostrare che sei un candidato forte all’interno del partito, che riesci a portare la gente sul palco con te, che sia il deputato, il candidato a sindaco, le persone che ti sostengono. Ho un bel rapporto con Valeria Valente, una persona che stimo molto per la capacità che ha di impegnarsi, di approfondire i problemi, di mandare avanti il partito, è sempre molto coerente e in quel frangente, secondo me, ha pagato anche il fatto di voler replicare su scala napoletana degli equilibri che non erano napoletani. Scelse, infatti, di allearsi con “Ala”, la tanto discussa e vituperata lista fondata da Verdini, facendoci probabilmente perdere dei punti in termini elettorali.

Qui emerge la tua anima di centro…

Io sono fra quelli che quando si è stretto l’accordo con il centrodestra, hanno occupato la federazione di Napoli. Dopodiché, la scelta di fare quel patto di governo posso criticarla quanto voglio, però l’accetto, posso pensare che qualcuno ha una visione più lungimirante di me e mi adeguo. Alla fine, però, i fatti mi hanno dato ragione…

A proposito di coalizione, pensi che possano convivere PD e 5 Stelle?

Questo è un tema che mi ha proprio distrutto. Molti dei miei amici che hanno sempre votato centrosinistra e PD, adesso votano M5S, il mio migliore amico (col quale due elezioni amministrative fa come Giovani Democratici mi candidai al comune di Napoli col PD), si è allontanato dal partito e vota M5S. Il Movimento ha delle tematiche forti che sono di centrosinistra, come la posizione ambientalista….

L’unica cosa che gli si riconosce è, però, il reddito di cittadinanza, perché la posizione ambientalista ce l’ha solo sulla carta…

Sono d’accordo con te… Se però vai dalla gente e chiedi: cosa pensa Salvini? Cosa pensa il Movimento 5 Stelle? Cosa pensa il PD? Sui primi due qualcosa te la dicono, mentre non sanno cosa pensa il PD. Oggi si dà più peso a quello che dici piuttosto che a quello che fai. Paradossalmente, possono anche dire “daremo 1500 euro ad ogni persona disoccupata”, alla fine ne danno solo 100, ma passa comunque che ne hanno dati 1500.

Come pensi che andrà il prossimo importante appuntamento con il voto, le Regionali del 2020?

Penso che le elezioni potrebbero risollevarci il morale, se vanno bene.

Come potranno andar bene se la ricandidatura di De Luca è ancora in forse?

Credo che De Luca abbia due nemici, il primo è Zingaretti, il secondo è De Luca stesso. A livello nazionale è stato molto in difficoltà sull’impostazione data alle regionali in Umbria, se avessimo vinto con la coalizione del M5S e il candidato civico, per lui sarebbe stato un problema. ‘Fortunatamente’ per De Luca, quella impostazione non ha vinto. Oggi tutto sta nel come riesce a capitalizzare il suo contributo sia in termini comunicativi che elettorali, perché alla fine in Campania dà posti di lavoro, la Regione fa bandi come non accadeva da tantissimo tempo… Non la vedo così nera, dal punto di vista della possibilità di una sua ricandidatura.

Lavorare bene oggi come oggi è del tutto marginale, ininfluente, Fassino, per esempio, è stato un eccellente sindaco a Torino e questo non gli ha impedito di essere sconfitto dalla Appendino. Ora è richiesto appeal, riuscire a far ribollire il sangue nelle vene della gente. Ho la sensazione che in questa fase fare politica si traduca in non avere nessun tipo di strategia, solo tattica, nessun intervento sul lungo periodo ma solo nell’immediato, quindi risposte contingenti ai problemi senza pianificare cosa accade dopo. E ho la sensazione che anche Napoli stia andando in questa direzione.

Nel PD fino ad ora non si è lavorato nemmeno alla giornata…!

Interview_ Riccardo Sepe Visconti Photo_ Riccardo Sepe Visconti e Web

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