text_Isabella Puca
Prima ancora che la rappresentazione dell’ultimo, e atteso, lavoro di Salvatore Ronga “Il gran ballo di Cinerello” prodotto dall’Associazione Luca Brandi insieme con Artù, andasse in scena, si era già accesa la discussione: uno dei due quotidiani locali, infatti, aveva gridato allo scandalo dalla prima di copertina, ma in scena c’era ben altro. Eccezionale il cast d’attori, ischitani sì, ma in buona parte diplomati in accademie teatrali, che sono riusciti a valorizzare ancor di più un testo classico ma rivisitato alla maniera di Ronga.
Scenografia essenziale ma pensata, costumi e trucco pensati nei minimi dettagli. In scena, nelle vesti di Cinerello, Giovangiuseppe D’Ambra, un ruolo difficile, il suo, interpretato ottimamente. È lui che rassetta e mette in ordine quello che rimane di un’umile casa condivisa con le due sorellastre, ben impersonate da Laura Sogliuzzo e Milena Cassano, due nomi importanti delle scene teatrali non solo isolane. Intanto, a corte, fervono i preparativi per il Gran Ballo. Cambio di scena ed ecco il principe, il bello e bravo Mario Fusco, intento nei preparativi per la serata in cui dovrà scegliere l’anima gemella. Tuttavia, la corte è nello scompiglio; nonostante le cronache dei giornali parlino del principe come di un inguaribile viveur egli, fino ad ora, non ha dato prova di alcun interesse per il sesso femminile e la cosa inizia a destare preoccupazione in quanti lo circondano. Le storie di Cinerello e del principe proseguono ognuna per la sua strada. Mentre Cinerello avrà una fata, o meglio, il fato – una fantastica Marina Ascione – a indicargli il percorso verso la sua vera identità, la scoperta di quella del principe viene, invece, affidata a una giovane donna, un’esemplare Rosanna Nocera, nelle vesti di colei che dovrà fargli conoscere quelle gioie che può procurare solo il gentil sesso. E il fato evocherà in ogni suo ingresso, con cambi di costume curati dalla testa ai piedi, personaggi della letteratura con un’esperienza affine a quella del giovane e confuso Cinerello – dalle muse ispiratrici di Virginia Woolf, alla passione violenta tra Verlaine e Rimabud fino ad arrivare all’amore di Proust per il suo chauffeur – mentre il principe non riuscirà ad abbandonarsi alle gioie promesse dalla donna, fino a decidere di scappare. D’un tratto, le loro vite si incrociano e la scoperta di quella che è la loro intima sessualità inizia ad affiorare. E’ così che arriva la sera del gran ballo ma, invece che con carrozza di zucca e scarpetta di cristallo, Cinerello vi si presenta in frac e guanti bianchi. Quella che è stata definita dal regista stesso come una “favola amorale” si avvia alla sua conclusione. Ad averla vinta, prima della chiusura del sipario, non è infatti la vera natura del principe e di Cinerello, testimoniata dal bacio finale tra i due, ma è l’Amore, quello autentico, che arriva, indifferentemente, anche tra persone dello stesso sesso. Incredibile e quanto mai attuale la battuta finale: in ogni reame che si rispetti, al vissero felici e contenti segue l’arrivo di un erede; e all’interrogativo “come faranno il principe e Cinerello ad avere figli?” è tutta la corte a rispondere in coro: “Facile! Lo adotteranno”. Chiuso il sipario, accompagnato dalla standing ovation del pubblico che ha affollato la sala teatrale del Polifunzionale per tutte e tre le sere, c’è già chi chiede delle repliche per uno spettacolo diverso dal solito ma che aiuta a riflettere e a sorridere su di un tema che, anche a Ischia – con molto ritardo – si appresta a non essere più un tabù.
Nelle foto, momenti dello spettacolo e qui sotto l’autore e regista, Salvatore Ronga.