Sunday, November 24, 2024

Text_ Federico Graziani*

I MUTAMENTI NEL SERVIZIO DI SALA E FIGURE PROFESSIONALI DI STRAORDINARIO TALENTO NEL RACCONTO DEL MIGLIOR SOMMELIER D’ITALIA 1998.

Sono trascorsi ventisei anni da quando ho varcato per la prima volta la soglia di un ristorante per lavoro, passando attraverso la cucina e l’office, base strategica e operativa della sala di ogni ristorante che si rispetti. Ero un ragazzo di quindici anni, paffutello, con una gran voglia di dimostrare non sapevo nemmeno bene che cosa; di certo volevo provare ai miei genitori che si sbagliavano e che la scuola alberghiera era stata la scelta giusta per me. Vagavo a passo spedito, dentro una divisa elegantissima che strideva un poco con quella faccia da bambino, e muovevo i primi passi nella piccola ma raffinatissima sala dell’Exclusive Waldorf Hotel di Milano Marittima.

Il mâitre era bravissimo ma molto rigido, per usare un eufemismo: le punizioni erano all’ordine del giorno, e nella migliore delle ipotesi si pulivano vetrate già perfettamente linde nelle ore di riposo pomeridiane. Eppure, mi brillavano gli occhi quando lo sentivo conversare con i clienti in svariate lingue, o mentre preparava i piatti alla lampada, le creazioni in bella vista dei buffet e le mise en place. Credo di aver sempre avuto la voglia di accogliere, di ospitare, di servire. Non saprei dire, tuttavia, da dove sia scaturito questo desiderio, perché fino a quel punto della mia vita non avevo frequentato ristoranti, se non in occasione di qualche cerimonia o per mangiare una pizza. Di sicuro, però, al termine della mia prima stagione estiva come cameriere, o meglio commis di sala, ero innamorato di questo lavoro.

Da quando ho cominciato a osservare e studiare i meccanismi della ristorazione, la sala – quella squadra che sostiene, supporta e a volte combatte con il reparto della cucina – è cambiata sensibilmente. Per gran parte del secolo scorso il lavoro di sala, o meglio la ristorazione in genere, aveva un’organizzazione piuttosto rigida e un organigramma verticale; similmente a quanto accade nel mondo militare, vigevano ordini dall’alto, rispetto incondizionato per i superiori, poca condivisione tra i diversi livelli e molta disciplina. Per comprendere meglio da dove siamo partiti e dove stiamo andando, possiamo scandire la storia di questo settore in tre macro periodi, durante i quali sia la sala sia la sommellerie sono riuscite a plasmarsi e ad evolversi per garantire un servizio più efficiente e coerente con le necessità dei tempi.

Nell’alta ristorazione italiana, sino alla fine degli anni Settanta, i grandi ristoranti, e di conseguenza il servizio per eccellenza, erano collocati per lo più all’interno degli alberghi più importanti delle aree turistiche o delle grandi città. La gerarchia della brigata di sala era mantenuta viva da responsabili dal pugno di ferro e da una continua, sana competizione con la brigata di cucina. Si distinguevano per singolarità alcune trattorie, attente a offrire il massimo del gusto nella semplicità di un servizio meno formale. Erano i tempi dei primi patron sommelier, che tanto hanno contribuito alla crescita della nostra associazione.

Il secondo momento, e quindi la svolta storica della ristorazione, coincide con la costituzione naturale e non ufficializzata della più prestigiosa scuola di hotellerie che l’Italia avesse mai avuto fino a quel momento, e che trovò sede in una delle massime cattedrali culinarie, il ristorante Gualtiero Marchesi. Gli anni Settanta volgevano al termine e un giovane e talentuoso cuoco, di ritorno da diverse esperienze presso le migliori tavole d’Europa, apriva il suo ristorante a Milano. La sala era al servizio della clientela e della cucina stessa: qui si dispiegava ogni abilità per far vivere un’esperienza culinaria completa e un servizio perfetto, capace di valorizzare pietanze molto gustose ma esteticamente poco presentabili, come l’anatra à la presse preparata nel famoso torchio d’argento. Allo stesso modo, era finalmente apprezzata la figura del sommelier, in grado di accompagnare, e non più solo abbinare, la grande cucina di equilibri e contrasti con il mondo del vino, dei sigari, dei distillati, anche questi in un momento di crescita e trasformazione radicale. Ricordo ancora una mattina tra le colline della Franciacorta, le mie gambe tremanti per l’emozione e l’espressività del volto di Gualtiero Marchesi; la sensazione di essere rispettati prima come persona e poi come professionista era nuova e rassicurante. Indelebile uno scambio di battute, rimasto scolpito nella mia mente: “Non credo che avrò problemi a lavorare nel suo ristorante, ho una grande forza di volontà e con quella si arriva dappertuttoâ€. Secca e tagliente fu la risposta del Maestro: “La forza di volontà è nulla, se non c’è l’intelligenzaâ€. E mio padre, finalmente, comprese, colse il valore del servizio, della sala, di quel nobile lavoro a cui si era opposto con amore paterno, temendone i grandi sacrifici. Forti dell’esperienza acquisita da questo pioniere della principale rivoluzione culinaria italiana, sono cresciute molte realtà ristorative, che hanno sviluppato, approfondito e perfezionato quella scuola. Questi insegnamenti nel frattempo hanno preso la consistenza di una vera e propria sede didattica di cucina e del servizio con Alma, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana. I tempi sono cambiati, e la sensazione è che vi sia sempre più condivisione nel servizio, con un approccio democratico che agevola il dialogo e la relazione tra i vari livelli. Capita quindi di cenare a uno chef-table dove i piatti sono serviti direttamente da tutto il personale, lavapiatti compresi. Come si è trasformata la cucina, allo stesso modo sono mutati la sala e il servizio nella grande cucina contemporanea italiana. Sono cambiate anche le conoscenze del cliente, la sua consapevolezza, le sue esigenze gastronomiche e di tempo, e di conseguenza le abilità che gli addetti al comparto dovrebbero possedere. Nella ristorazione moderna accade di frequente che figure professionali diverse confluiscano in un’unica posizione, come accade per il direttore di sala che svolge anche la funzione di mâitre o sommelier e viceversa. Sono esigenze spesso necessarie non tanto per una questione economica, bensì per la carenza di figure professionali all’altezza. Questo provoca una sovrapposizione di compiti su un numero inferiore di persone, che devono perciò essere in grado di soddisfare e risolvere situazioni di spettro sempre più ampio e con maggiore dinamicità. Ho avuto la fortuna di sedere alle tavole più celebri d’Italia: osservando i miei colleghi nel proprio ambiente di lavoro, ho stilato un elenco delle qualità che li contraddistinguono, caratteristiche che sono, a mio avviso, pietre angolari della loro professionalità.

La macchina perfetta

Una sincronia degli elementi, la sensazione di essere il quadrante di un orologio svizzero su cui le lancette e i movimenti vengono a ripetersi con precisione e continuità, virtù che appartiene in modo trasversale sia alla cultura più tradizionale del servizio sia a quella più moderna.

Alessandro Tomberli, Enoteca Pinchiorri, (Firenze)

La ricerca

Oggi il cliente ha maggiore esperienza, viaggia e assaggia in centinaia di posti e di occasioni, si documenta come non ha mai fatto prima; trovare qualcosa di nuovo, non conosciuto e stimolante per conquistare l’interlocutore, e al tempo stesso trasmettergli il magico mondo del vino non è semplice, ma diviene una qualità sempre più fondamentale di una cultura in costante crescita.

Vincenzo Donatiello, Piazza Duomo, Alba (Cuneo)

La conoscenza

Una virtù complessa da raggiungere. Occorrono anni di studio approfondito, relazioni con i produttori, viaggi, bottiglie stappate, lavoro quotidiano, degustazioni di tutte le etichette, da quelle che hanno fatto la storia del vino a quelle vinificate da un piccolo produttore di pianura. Presto questo stile di vita porta ad arricchire una biblioteca cerebrale capace di collegare milioni di informazioni, dandoci la consapevolezza di essere di fronte a uno dei più grandi esperti di vino e di uomini del vino.

Maurizio Paparello, Roscioli, (Roma)

La costanza

In un mondo molto concentrato sull’immediatezza, sul “qui e oraâ€, la continuità nel saper accogliere con professionalità acquisisce ancora più valore. Le preferenze degli habitué, i loro gusti, tutto viene a far parte di un percorso che vede crescere insieme gli uni e gli altri, sommelier e clienti. Roma non è stata costruita in un giorno e nemmeno un grande ristorante: le migliori tavole del nostro Paese mostrano la spiazzante verità che le cose fatte bene richiedono tempo ed energia costante.

Fabrizio Sartorato, Da Vittorio, Brusaporto (Bergamo)

La serenità

Nella criticità del servizio, specie se si parla di organizzazioni di una certa dimensione, il panico è il nemico numero uno. Trovare la lucidità e mantenere sempre il sangue freddo diviene una chiara chiave di successo e un’imprescindibile qualità per un grande uomo di sala. È quel senso di professionalità che non ha bisogno di gesti eclatanti, ma è frutto di una raffinata eleganza.

Carlo Pierato, Villa Serbelloni, Bellagio (Como)

La squadra

Questo forse è il punto di rottura più forte con la ristorazione del passato. Le distanze tra i livelli si assottigliano sino a creare un team di omogenea struttura, in cui le energie sono diffuse in modo multidirezionale, finendo così per pervadere tutto l’ambiente come una fragranza. Uno spirito che diventa una forza tangibile, sinergia di incastri che non ha bisogno di parole e che oggi, in tutti i settori, appare come elemento imprescindibile di sicuro successo.

Giuseppe Palmieri, Osteria Francescana, (Modena)

La semplicità apparente

Ospitare in modo poco ingessato non vuol dire essere carenti nel servizio, ma piuttosto attenti a cogliere ciò che il cliente dei grandi ristoranti si aspetta di trovare oggi. Gesti semplici e perfetti che alleggeriscono lo stare a tavola e che sono frutto di studio nell’evoluzione dell’accoglienza: ascoltare e assecondare i desideri con una concretezza antica ma allo stesso tempo contemporanea.

Giovanni Sinesi, Reale, Castel di Sangro (L’Aquila)

La raffinatezza

Impeccabili, mai invadenti e sempre composte, le donne di sala si ritrovano nella ricerca dei particolari, dalla mise en place all’arredamento, dettagli che contribuiscono ad armonizzare l’ambiente e la conversazione. Spesso di carattere dolcemente forte e spiccata personalità, scelgono ogni giorno di creare quella speciale magia, con il sorriso sincero sulle labbra e l’entusiasmo di chi ama il proprio lavoro e lo svolge con passione e buongusto.

Mariella Organi, La Madonnina del Pescatore, Senigallia (Ancona)

Barbara Manoni, Casa Perbellini, Verona

Catia Uliassi, Uliassi, Senigallia (Ancona)

La comunicatività

Aprire il proprio ristorante al mondo, raccontare ciò che avviene all’interno di un locale è oggi considerato tanto importante quanto un buon servizio. Non è così immediato e semplice raggiungere l’obiettivo; non bastano quattro foto e alcune informazioni autocelebrative. Occorre l’esperienza fatta in prima persona, lasciar trasparire la propria passione e positività. E l’ironia necessaria per coinvolgere ed entusiasmare i clienti, troppo spesso annoiati da un servizio freddo e impersonale.

Alessandro Pipero, Pipero al Rex, (Roma)

La comprensione

Da sempre un grande uomo di sala ha un talento psicologico, comprende in pochi istanti ciò che vuole il suo ospite e, più in generale, le persone che si siedono alla sua tavola. Anche questa dote, come tutte le precedenti, finisce per tramutarsi in una tessera che compone il mosaico di questo mestiere. E scopriamo che uno dei più grandi cuochi d’Italia è prima di tutto un impeccabile uomo di sala.

Giancarlo Perbellini, Casa Perbellini, (Verona)

* testo pubblicato dal periodico

dell’Associazione Italiana Sommelier Vitae

anno XXI settembre 2016 n. 107

Federico Graziani, importante sommelier,

ha lavorato in alcuni dei migliori ristoranti d’Italia ed è produttore di vino in Sicilia.