Text_ Gianluca Castagna
È UN FIUME IN PIENA IL SINDACO DI NAPOLI, DURANTE L’APPUNTAMENTO PUBBLICO ISCHITANO IN CUI, SENZA FARSI MANCARE BORDATE POPULISTE, HA RACCONTATO LA SUA CONCEZIONE DELLA CITTÀ E DELLA COSA PUBBLICA, E POI IL CONFLITTO CON RENZI, IL PASSATO DA MAGISTRATO, IL FUTURO IN CUI VEDE UN NUOVO SOGGETTO CHE ESPORTI LA SUA IDEA DI POLITICA.
Il pretesto è la presentazione di un volume, “Voci sulla città”, all’Hotel Marina 10 di Casamicciola Terme. Quindici voci della società civile napoletana (Aragno, De Giovanni, Ruotolo, Zanotelli tra gli altri) raccontano gli ultimi cinque anni della più grande metropoli del Sud Italia, da punti di vista più o meno lontani dalla scialba consuetudine di quei luoghi comuni che talora compiacciono chi non conosce davvero Napoli. Città-mondo con le sue perenni contraddizioni, i suoi arcipelaghi sociali, i suoi umori invisibili. In permanente stato d’eccezione rispetto al Paese, ma sempre fiera della propria identità turbolenta, fertile e incendiaria. «Un progetto editoriale – spiega il sindaco Luigi De Magistris – che vuole colmare una mancata narrazione sulla città». La sua città. «Oggi siamo ricchezza, non più peso – si legge nella postfazione del volume – energia e non tossine, siamo terra del fuoco non terra dei fuochi. Il popolo si sta assumendo le sue responsabilità e deve avere sempre più potere. Io ci sto, ci metto faccia, corpo, mani e cuore». De Magistris è giovane, appassionato, piacione, popolarissimo. Prima Pubblico Ministero poi sindaco di Napoli. Un grillino ante litteram che disinnesca il monopolio a 5 stelle sul ritornello “popolo vs. casta”. Scegliendo nei fatti, ma soprattutto nella loro narrazione, la ricostruzione di un profilo di legalità che manda in soffitta la cultura delle deroghe e privilegia il diritto sociale alla città e ai beni comuni. La vittoria bis, il conflitto permanente con Renzi (l’altra primadonna sulla scena), l’investimento, anche sentimentale, presumibilmente autentico, sul capitale umano di una città sempre più internazionale e solidale. Avamposto ideale di un nuovo soggetto politico (nebuloso nei tratti, ancora più incerto negli sviluppi) che esporti altrove la ribellione del cuore. L’arsenale dialettico è tutto ben schierato: da un lato il coraggio, la partecipazione, la rivolta, l’acqua che deve restare pubblica, Napoli come città più antidepressiva d’Italia; dall’altra le tecnocrazie, la diffidenza, i ricatti, la camorra dei colletti bianchi, l’ostilità manifesta dei media, l’ingerenza, indebita e arrogante, del governo centrale. «Quando sono diventato sindaco – racconta – mi dissero subito: devi dichiarare il dissesto. Una ferita profonda nell’orgoglio di ogni comunità. Non puoi assumere, contrarre mutui, fare investimenti. Mi sono opposto, preferendo puntare su una cosa semplice e al tempo stesso complessa: il capitale umano. Nessuno aveva pensato alle motivazioni delle persone che rappresentano la comunità. Eppure da lì è partita la mia rivoluzione: la partecipazione dei cittadini al riscatto della città. Oggi il comune di Napoli è risanato, lo dice la Corte dei Conti. E’ la città d’Italia che ha più turisti, da un punto di vista culturale c’è un’energia creativa cui guarda tutto il mondo. Cinque anni fa nessuno proponeva eventi sportivi o mondani a Napoli, oggi c’è la fila». De Magistris si definisce un “sindaco di strada” («faccio ogni giorno dagli 8 ai 20 km, in campagna elettorale anche 40, il mattino dopo non riuscivo a camminare»), un combattente nato («amo la corsa a ostacoli; più alzano l’ostacolo, più mi sento motivato») e – come esige il racconto – il difensore dei più deboli. «Dobbiamo tornare alla politica in cui tutti sono protagonisti, conta la volontà collettiva, di cambiare le cose. Di costruire una società più giusta dove nessuno rimane indietro. Se fanno delle leggi che ci costringono a chiudere le scuole, io che devo fare? Posso mai dire ai miei concittadini che si chiude una scuola perché una circolare del governo Monti dice che è così? Quando è accaduto, mi sono ribellato e non l’ho fatto. Di fronte a tali ingiustizie non ci si deve piegare come pecorelle. Sono fatti ineluttabili? Malattie mortali? No, si possono sconfiggere e superare». «Chi ha firmato, per Bagnoli, l’ordinanza “Chi inquina paga”? Il sottoscritto », continua più travolgente di un fiume in piena. «Chi credete abbia inquinato Bagnoli in questi anni? La camorra di strada? No. Si chiamano Fintecna e Cementir, in altri termini lo Stato e un gruppo di costruttori proprietari di giornali. Ecco perché ho sempre avuto i media contro. Ma ho vinto le elezioni per la seconda volta a dispetto di tutti: di Lettieri e dei suoi milioni, del Partito democratico e dei Cinque Stelle». Bagnoli è il terreno sul quale l’animosità di questo duello all’italiana raggiunge temperature incandescenti. De Magistris contro il commissario Nastasi, contro Renzi, contro Roma, contro tutti. Quasi un motivo di vanto che rischia di tradursi in azzardo politico, una volta deposta l’ascia all’indomani del risultato elettorale. «Ho sempre cercato un rapporto con tutte le istituzioni – replica il sindaco – anche col Governo. Disponibilissimo a vedere Renzi, sono due anni e mezzo che provo a parlargli. Non vuole. Per farlo ha posto la condizione di riconoscere la legittimità del commissario. Secondo me, gli incontri non devono essere subordinati a condizioni. Napoli non è solo Bagnoli, continuerà a vivere anche senza questo incontro». Eccolo in versione à gauche, dove l’antica dicotomia (sinistra-destra) è opportunamente soppiantata da nuove, più avvincenti polarità (sistemaantisistema): «Il liberismo degli ultimi 30 anni ha generato concentrazione di potere, oligopoli, riduzione delle autonomie. Noi vogliamo costruire l’Europa dei popoli, città in cui si possa vivere meglio, comunità orizzontali e non verticali. Abbiamo governato in modo libero, indipendente, coraggioso. Autonomia, autogestione, liberazione di energie. Questo ci interessa, altro che aderire a partiti che non ci piacciono». Con quali soldi? «Date ai sindaci i fondi europei. Per spenderli e non sprecarli. Bruxelles è d’accordo, la politica no. Intanto, presenteremo un progetto di legge perché Napoli possa diventare la prima città del terzo millennio ad avere una forma di statuto speciale». L’ex pm che non dimentica il passato di lacrime e sangue («Io volevo fare il magistrato, mi sono ammazzato per vincere il concorso in magistratura, cui ho dedicato i migliori anni della mia vita. Cacciando un magistrato onesto, lo Stato ha perso e ho perso anch’io. Ma non mi sono perso»), prova a calmare anche gli animi dei tifosi dopo il repentino salto della quaglia di Gonzalo Higuaìn, l’attaccante del Napoli passato, nell’arco di 24 ore, da eroe sotto il Vesuvio a bieco traditore tra le braccia sabaude della Juve. «Non mi piace quello che è accaduto – ammette – da tifoso sono molto amareggiato. Andarsene alla Juve, poi; come affondare il coltello nella ferita. Come sindaco, manterrò i miei impegni: abbiamo impiegato 25 milioni di euro per ristrutturare lo Stadio San Paolo. Non c’è comune d’Italia che mette i soldi per gli stadi, noi l’abbiamo fatto perché era necessario. Ci guida l’obiettivo di sempre: riconsegnare al mondo la vera immagine di Napoli».