n.02/2005
Photo: Archivio Buchner
Text: Giorgio Buchner
Discorso di inaugurazione
Ho pensato possa avere un certo interesse raccontare nel contesto odierno come mai mi sia venuto in mente fin da ragazzino di occuparmi dell´archeologia proprio dell´isola d´Ischia che pareva allora “del tutto ignota” dal quel punto di vista, come scrisse Amedeo Maiuri nel 1930. L´occasione iniziale risale alla Stazione Zoologica di Napoli e all´impulso dato da Iulius Beloch. Mio padre, fin da quando, giovanissimo nel 1910, venne per la prima volta a Napoli per studiare invertebrati marini alla Stazione Zoologica rimase incantato dall´isola d´Ischia. Nel 1927 vi acquistò un vigneto ove costruì una casa e iniziò a raccogliere libri dell´isola. A Breslavia, che oggi si chiama Wroclaw, dove allora era professore ordinario di zoologia, acquistò l´ultima copia ancora giacente presso l´editore del libro “Campanien im Altertum” di Iulius Beloch. I siti dell´acropoli di Pithecusa sul Monte di Vico a Lacco Ameno e della sua necropoli nell´adiacente Valle di S. Montano erano stati già correttamente identificati dell´erudito locale Francesco De Siano alla fine del ‘700, ma il Beloch da tedesco pignolo, verso il 1870, voleva accertarsene di persona e nel capitolo del suo libro dedicato a Pithecusa scrive che, infatti, il promontorio di Monte di Vico è cosparso di cocci e frammenti di tegole antichi e che altre notizie documentano il rinvenimento sporadico di qualche tomba con vasi attici figurati nella Valle di S. Montano, ragione per cui non c´è dubbio che qui sia stata situata la città di Pithecusa almeno dal V sec. a. C. in poi. Resta tuttavia incerto, egli soggiunge, se anche la più antica colonia, precedente la fondazione di Cuma fosse già stata situata nella medesima località. Questo brano del Beloch eccitò vivamente la mia fantasia di studente del ginnasio e non vedevo l´ora che tornassimo per le vacanze ad Ischia per cercare cocci antichi a Monte di Vico. Alla prima escursione sul Monte di Vico, nel 1929, seguirono molte altre negli anni successivi e cresceva la mia collezione di cocci, e presto anche di frammenti di terrecotte architettoniche e il mio interesse per l´archeologia, tanto che, nel penultimo anno del Liceo, confessai a mio padre di non voler più studiare Biologia, ma Archeologia e Preistoria. Nelle aggiunte alla seconda edizione del suo libro “Campanien”, del 1890, il Beloch, a proposito del passo di Livio (VIII 22,5-6) secondo il quale i coloni dell´Eubea, prima di fondare Cuma, si sarebbero stabiliti nell´isola di Pithecusa, scrive “speriamo che rinvenimenti di tombe portino un giorno la conferma”. Scavare la necropoli e trovare questa conferma divenne il mio sogno. Per realizzarlo dovevo cercare un impiego presso la Soprintendenza che allora si chiamava “alle Antichità”. Nel 1947 fui assunto da Amedeo Maiuri, all´inizio con la qualifica di salariato temporaneo. Dovevano trascorrere altri anni finché, nella primavera del 1952, potei iniziare finalmente gli scavi nella necropoli di S. Montano. Il seguito è noto. Basti accennare brevemente a qualche circostanza personale meno nota. Gli scavi di Pithecusa a lungo continuavano a non suscitare grande interesse presso i superiori Soprintendenti che li consideravano piuttosto una scocciatura, forse proprio perché nessuno prima ci aveva pensato, pur essendo la localizzazione della necropoli, ripeto, allora nota da un secolo e mezzo. Tanto è vero che i fondi per lo scavo li dovevo trovare da me, prima dalla Bolligen Foundation di New York attraverso l´amico Umberto Zanotti Bianco, poi da Angelo Rizzoli che offrì un milione che allora, nel 1953, era una grande somma; ma quando, un anno dopo, il Commenda venne a vedere cosa era stato prodotto con i suoi soldi e vide soltanto rottami di vasi, rimase profondamente deluso e non aprì più la borsa. Più tardi, e a lungo, intervenne l´aiuto dell´University Museum di Pennsylvania, procuratomi attraverso l´amica Donna Paola Zancani Montuoro. Questa situazione cambiò radicalmente quando, nel 1977, Fausto Zevi divenne Soprintendente a Napoli ove rimase fino al 1982. Si ripresero subito gli scavi nella necropoli, che mi erano stati interdetti dal suo predecessore, e per la prima volta con fondi della Soprintendenza. Zevi volle organizzarli in “scavo scuola”, attraverso il quale sono passati quasi tutti gli archeologi napoletani oggi di media età che ormai sono direttori di Musei e di Soprintendenza o professori universitari. Con la venuta dell´attuale Soprintendente Stefano De Caro, nel 1991, come tutti sanno, ebbe inizio un fortunato periodo di completo rinnovamento della Soprintendenza e del Museo e un rifiorire della ricerca archeologica in tutto il suo territorio, compreso Ischia. Sapere che l´esplorazione archeologica dell´isola d´Ischia, dove resta ancora da scoprire, continuerà ed è in buone mani con Stefano De Caro e la Direttrice di zona Costanza Gialanella cui si deve la esemplare conduzione dello scavo di Punta Chiarito al quale è dedicata una delle due sale ischitane del Museo Archeologico Nazionale che si inaugurano oggi, mi conforta e appaga profondamente.
Discorso pronunciato all´inaugurazione delle sale dedicate a Pithecusa nel Museo archeologico Nazionale di Napoli il 12 dicembre 1997.