n.02/2005
Photo: Archivio Buchner
Text: Maria Lauro
Un signore gentilissimo e burlone
Maria Lauro, archeologa ischitana, ha lavorato con Buchner negli ultimi anni della sua attività di scavo, fino a quello più recente, a Punta Chiarito.
Lacco Ameno, via Messer Onofrio: 30 gradi all´ombra. Io e due operai a quattro metri sotto il livello stradale. Attorno a noi fango. Alzo la testa grondante di sudore verso l´anziano signore che se ne sta seduto sul bordo della voragine, tranquillo come Calindri col Cynar. “Giorgio” dico “Ma qui c´è acqua”. E lui “Oh! Ma guarda! Allungamene un bicchierino”. Ci guardiamo in faccia e poi mi arrampico su per la scala con un bicchiere di liquido color topo: Giorgio lo osserva lo assapora con gusto, appunto come Calindri col Cynar. “È dolce!” dice infine. “E allora?” urliamo in coro. “Si tratta di una fonte. È quello, è l´antico livello”. Rimaniamo come il pastore di fronte la cometa nella notte di Natale! Come poteva uno scienziato sia pur bravo come Giorgio Buchner stabilire il livello di un sito assaggiando del fango? Non feci in tempo a pensarlo che la mia testa prese a girare. “Giorgio qui vedo le stelle” annaspai. E lui sempre calmo: “Per forza lì sotto è pieno di anidride carbonica, e se non ti sbrighi a venir fuori ci puoi rimanere!”. Ci saranno altri episodi in cui doveva stupirci con il suo genio prima che con la sua scienza. Come quella volta che assaggiò la terra di Punta Chiarito (per dire che si trattava di un focolare di cenere vulcanica) o indicò il punto esatto dove si trovava una nuova capanna. Si divertiva anche, alle spalle di noi archeologi alle prime armi, tutta istruzione e belle speranze. “È un recinto di galline” scrisse del muro a secco di Punta Chiarito che avevamo rinvenuto con sforzi disumani. Giorgio Buchner era fatto così: un signore gentilissimo e burlone, un maestro severissimo. Un nonno dolcissimo. Prendeva un coccio, un semplice pezzo di creta e da lì iniziava a raccontare dei Greci, di un´isola fantastica chiamata Pithecusa, di Omero e dell´Iliade….e io a bocca aperta ad assaporare come al cinema il fantastico mondo dell´archeologia. Giorgio per noi era il verbo. Con lui ci sentivamo sicuri. Tutti si sentivano così. Era un ometto distinto, come lo sono i tedeschi trapiantati ad Ischia per amore. Era piccolo e fragile, ma sullo scavo quando arrivava lui Michele diceva: “Dottoré, nun ve preoccupat´, mmò arriva Maradona”. E come Maradona, Giorgio risolveva magicamente ogni cosa. Guai però a confutarlo. Ci provò, tra gli altri, uno che sostenne la sua tesi con la prosopopea tipica di molti luminari. Buchner lo ascoltò con molta educazione, poi si levò in piedi, condusse lo studioso davanti ad un´anfora e gli demolì punto per punto le convinzioni di una vita. Alla fine il poverino si appoggiò al muro e dovette ammettere ”È qui che si impara!”. Del resto cosa ci si poteva aspettare da un signore che arriva ad Ischia dalla Germania con una sola idea in mente: dimostrare che Ischia era la prima colonia greca del Mediterraneo? Lo fece, naturalmente. Per Giorgio dovettero cambiare i libri di storia. Fu un lavoraccio per gli editori (e per la comunità scientifica che non riuscì a digerire facilmente il fatto) ma ora quando al British Museum troviamo scritto “Pithekoussai, now Ischia: the first greek colony in the western Mediterranean” capiamo che la vita di Giorgio Buchner è stata un omaggio ad Ischia e all´Umanità. Grazie!
Maria Lauro è Collaboratrice archeologo