n.02/2005
Photo: Archivio Buchner
Text: Nicoletta Manzi
Buchner: l´uomo, lo scienziato
Nicoletta Manzi, archeologa ischitana, ha appena concluso il dottorato di ricerca con una tesi su materiali provenienti da uno scavo di Buchner e collabora a quello di Punta Chiarito.
Definirmi un´allieva di Giorgio Buchner è un privilegio che forse non merito. L´ho conosciuto dieci anni fa, a proposito della mia tesi di laurea svolta su materiale archeologico proveniente da Ischia, dai suoi scavi. Per me, ischitana, era già tanto. Alla fine dello studio gli presentai il mio lavoro: ero emozionata, quasi incredula che lui potesse avere tempo per una semplice laureanda. Mi accolse in casa sua con grande semplicità, dandomi del lei: io mi schermii dicendo che proprio non era il caso che lui, illustre studioso di ottant´anni, desse del lei ad una giovane studentessa… Nonostante l´età e gli spessi occhiali mi colpì la vivacità dei suoi occhi azzurri: ascoltava con attenzione quello che dicevo, non mi interrompeva, annuiva talvolta col capo ed osservava con interesse la mia documentazione. Pensavo che forse avrebbe trovato qualche frase di circostanza per simulare interesse e che mi avrebbe congedato di lì a poco, non poteva certo perdere il suo tempo con le ovvietà di una neofita, ed invece esordì dicendo: “Beh, innanzitutto dammi del tu!”. Per me era troppo e non sono mai riuscita a farlo: ma da allora mi sono sempre rivolta a lui con il “voi”, quello che da queste parti si riserva alle persone cui si vuole bene ma per le quali si nutre un rispetto ed una riverenza troppo alti per abbandonarsi ad un confidenziale “tu”. La mia tesi era stata “promossa” ed io credevo di essermi già laureata con lode! Dopo quell´esperienza incominciai ad imparare molte cose dal prof. Buchner, e non solo di natura scientifica. Imparai a conoscere il suo rigoroso metodo di studio, semplice ma inequivocabile, con il quale aveva saputo raccontare la storia di Ischia sottratta con tenacia all´oblio; imparai ad ascoltare i suoi eloquenti silenzi e ad interpretare i suoi sguardi; imparai da lui che non si è mai abbastanza grandi nella conoscenza. Aveva sempre sul tavolo il vocabolario d´italiano e di tedesco (!) oltre a quello di altre lingue, a lui ben note, e sceglieva con cura i vocaboli più appropriati per spiegare ciò che pensava, chiedendo magari conforto della scelta. Lo ammirai ancora di più quando, il giorno dell´inaugurazione del suo Museo, il Museo di Pithecusae, durante la cerimonia ufficiale, volle accanto a sé i due operai che lo avevano aiutato a svelare le meraviglie scoperte ad Ischia con i suoi scavi; appresi ancora da lui che la grandezza di un importante scienziato sta anche nel sapersi mettere da parte: “ubi maior minor cessat” soleva ripetere, facendo un passo indietro quando qualche studioso che stimava particolarmente si confrontava con lui. Durante gli scavi di Punta Chiarito le sue venute sul cantiere dirimevano con semplicità ed impressionante acume i dubbi interpretativi che a noi che scavavamo sembravano insormontabili e durante l´allestimento del museo di Pithecusae, cui finalmente avrebbe potuto affidare le sue preziose scoperte, non ha mai lesinato suggerimenti. Con un sorriso sornione ci raccontava, attraverso i pezzi da esporre, le storie che non aveva scritto forse perché non ritenute adatte ad un contesto scientifico ma che rispecchiavano la sua grande sensibilità d´uomo e la sua costante adesione alla realtà dei fatti, alla storia dell´uomo, soprattutto a quella quotidiana. Il suo acume scientifico, noto al mondo intero, per chi lo conosceva, era preceduto da una grande umanità ed umiltà che lo rendevano tanto più nobile: i suoi occhi azzurri e vivi non si sono mai annebbiati, nemmeno nei momenti più difficili in cui i problemi di salute non gli consentivano di comunicare attraverso la parola. Quegli occhi hanno sempre saputo farsi intendere, anche nei suoi ultimi giorni di vita, quando andai a trovarlo e gli parlai dei miei recenti studi, si accesero di una luce viva, riflesso di una curiosità mai sopita, che lo aveva reso grande e celebre, uomo di Ischia più di chi, come me, ci era nato. Porto ora nel cuore un grande senso di vuoto e di rimpianto per non aver potuto apprendere altro da lui, ma anche un intimo sentimento di affetto e di eterna riconoscenza per quello che mi ha saputo insegnare, anche senza parlare. Ciao, maestro!
Nicoletta Manzi è Collaboratrice archeologo