“Challenge is what we handle best”: cambiare è quello che ci riesce meglio. In questa frase si sintetizza lo spirito che ha animato l’avventura umana e imprenditoriale della famiglia Scotto. Partita nel 1961 da Monte di Procida per gli Stati Uniti. Oggi sono grandi imprenditori nello sfavillante mondo del wedding e dell’ospitalità di prestigio: questa è la loro storia.
Se decidete di pronunciare il vostro “I do”, “Sì, lo voglio”, a Long Island, l’isola di fronte a Manhattan, una delle località più belle ed esclusive degli Stati Uniti, incontrerete sicuramente gli Scotto Brothers, che lì hanno creato un impero dedicato al favoloso universo del wedding, diventando un importante imprenditore americano. Partendo da Monte di Procida. Ischiacity ha incontrato colui che lo ha fondato, insieme ai fratelli Anthony e Vincent e al padre Anthony senior, Vittorio Scotto, oggi per tutti Victor. Victor ha aperto il forziere dei ricordi durante la sua vacanza estiva a Ischia all’Albergo della Regina Isabella, insieme alla bellissima moglie Brooke Jamieson, che ha conosciuto in occasione di uno stage che lei ha fatto in una delle strutture degli Scotto. Sono una coppia perfetta da 25 anni, affiatati e molto legati l’uno all’altra, tanto che lei conosce benissimo la sua storia di emigrante di successo: un matrimonio decisamente ben riuscito, insomma, per un imprenditore che ha fatto del mondo delle nozze la sua vita. Un racconto affascinante il suo – a tratti divertente, grazie alla comunicativa tutta italiana di Victor – che tratteggia con efficacia quel melting pot unico costituito dagli Stati Uniti. Una terra costruita da gente alla ricerca di una vita migliore, proveniente davvero dai paesi più diversi, e che lì portava, e porta ancora, il suo bagaglio di cultura, tradizioni, usanze, idee, insieme alla determinazione a lavorare per costruire il proprio futuro.
Tutto inizia nel 1961, quando il ventenne Vittorio arriva a New York, grazie a un ‘atto di richiamo’ promosso da uno zio, che consentiva di far arrivare legalmente familiari dall’estero. Con lui i genitori e i fratelli. Mentre Victor inizia subito a lavorare prima come carpentiere ed ebanista (“mi piaceva moltissimo ed ero bravo, avendo già fatto quel lavoro a casa”), poi nel settore edile, il padre e il fratello aiutano lo zio nel suo ristorante. Ma la svolta per la famiglia Scotto arriva quando nel 1966 ricevono la proposta di acquistare un ristorante a Long Island, sul mare. “Non sapevamo neppure dove fosse, ci portarono con la macchina, ed era distante da Brooklyn, dove abitavamo. Volevano 20mila dollari e non li avevamo tutti: mio fratello poteva metterne 5000, ma il resto? Io allora facevo due lavori, tutto ciò che guadagnavo nell’edilizia lo consegnavo a mia madre, e in quel momento non ci pensavo proprio a lasciare per entrare nel settore della ristorazione, quindi dissi loro che non era una cosa che mi interessava. Tuttavia, i miei familiari andarono avanti: chiesero inutilmente un prestito allo zio molto che era benestante, poi riuscirono a far scendere il prezzo a 10mila dollari. A quel punto il colpo di scena! Intervenne mia madre, dicendoci che ne aveva 7mila! Eravamo meravigliati… Come li aveva messi insieme? La paga che le consegnavo erano 117 dollari settimanali. Lei disse ‘Sono di Vittorio’, aggiungendo ‘I soldi che mi dà ogni settimana non li ho consumati tutti’. E concluse: ‘Ve li posso dare, ma Vittorio deve essere socio!’. Io ero recalcitrante, preferivo il mio mestiere, ma lei la pose come condizione. Perciò accettai, e all’inizio fu tutto molto difficile. Cominciammo ad aggiustare il locale, e presto il denaro finì: era poco e si dovevano comprare il cibo e il necessario per aprire. Ci aiutò un signore di Monte di Procida e finalmente fummo pronti: era il 7 gennaio 1967 e c’era un metro di neve, non esattamente l’ideale per andare a mangiare al ristorante!”. Dopo un paio di settimane, bisognava acquistare derrate alimentari, ma non eravamo conosciuti e, quindi, nessuno ci faceva credito. L’unico che accettò, consegnò merce di pessima qualità, che rimandammo tutta indietro! Fu solo grazie all’intervento del padre della fidanzata di mio fratello, un compaesano anche lui, che finalmente avemmo pasta, pomodoro, latticini, i prodotti per la pizzeria. Nacque così Scotto’s Pizzeria and Restaurant. Ma i problemi non erano mica finiti qui… La gente del quartiere non veniva, e non ci spiegavamo il perché, finché il ragazzo che lavorava nella bottega di barbiere affianco, un napoletano, non ci raccontò che le famiglie con bambini evitavano quel posto perché in passato vi avevano spacciato droga. Naturalmente, nessuno ci aveva detto niente… Iniziammo a lavorare fra mille problemi, tenendo i ragazzini lontani dal locale, in modo che le famiglie potessero avere tranquillità e finalmente d’estate le cose andarono meglio, eravamo vicini al mare e la gente veniva a mangiare da noi: io mi occupavo della sala, un mio fratello era pizzaiolo, l’altro stava in cucina insieme ad un cugino e avevamo dei dipendenti”.
L’America degli anni ’60 correva veloce, e anche la famiglia Scotto: è del 1969 la seconda pizzeria, cui in breve se ne aggiunsero altre due. Al tempo stesso, però, gli Scotto sentivano il bisogno di ampliare i loro orizzonti, di far crescere le competenze. “Un cugino che era un grande chef ci insegnò molto, e decidemmo di vendere le pizzerie per passare a ristoranti più completi, che proponessero carne e pesce. Io continuavo a fare anche il carpentiere: mi occupavo in prima persona dei lavori nei diversi ristoranti, che disegnavo e realizzavo interamente. Ero molto creativo e ancora adesso seguo personalmente tutti i lavori che periodicamente facciamo nelle nostre strutture. Battezzammo il nuovo locale Chateau Briand”. Nome che ancora adesso uno dei complessi per sposalizi ed eventi firmati Scotto: è in quel periodo, infatti, che un amico suggerisce a Victor di entrare nel settore dei matrimoni. E lui non ci pensa due volte, tuffandosi a capofitto nella nuova avventura – che continua ancora oggi con un successo che lo ha consacrato un grande imprenditore – con quella determinazione, intelligenza, audacia, lungimiranza indispensabili per riuscire. “Fu più facile della prima volta con la pizzeria, ma ci volevano molti soldi. Affittammo per 10 anni la sede prescelta, sempre a Long Island, con l’opzione di acquistarla. E cercammo il miglior esperto di wedding, vennero fuori i nomi di un italiano e di un ebreo. A entrambi abbiamo fatto un’ottima offerta economica per portarli a lavorare con noi, e ci hanno insegnato molto”. Un tema questo, dell’imparare dagli altri, da chi ne sa di più per riuscire a migliorarsi costantemente, a rimettersi in gioco, che ricorre spesso nel racconto di Victor Scotto, una bella lezione di umiltà, tanto più valida perché viene da un uomo che ha tantissimo da insegnare a sua volta. “L’italiano lavora ancora con me, da 37 anni, l’ebreo se n’è andato solo perché si è trasferito in Florida. Allora i nostri clienti erano soprattutto italoamericani, ebrei, qualche irlandese… Lavoravamo giorno e notte, Natale, Pasqua, Capodanno non esistevano. E quando in pochissimi anni, siamo arrivati al terzo locale per matrimoni, creando fra l’altro il bellissimo complesso del Fox Hollow dai magnifici spazi aperti con giardini e giochi d’acqua e raffinati ambienti interni, abbiamo venduto il ristorante per concentrarci esclusivamente sui ricevimenti, con l’obiettivo di acquisire tutte le strutture che ci ospitavano. Poi ci siamo dedicati a renderli famosi, a farci un nome: siamo cresciuti fino a 6000 mtq, abbiamo ristrutturato completamente le sale con arredi e decorazioni sempre in linea con il gusto della gente, aggiunto servizi come lo studio fotografico e spazi per celebrare le cerimonie”. Alla fine degli anni ’90, la decisione di aprirsi anche al settore dell’ospitalità, aprendo una serie di hotel: il primo, di 145 stanze, ebbe un successo fulminante. A Long Island le strutture di questo tipo allora erano poche e gli ospiti dei ricevimenti di nozze che venivano da lontano e avevano bisogno di alloggiare tanti, per cui erano sempre pieni. “Ci avevano pronosticato 4 milioni di dollari di guadagno, in realtà già nel primo anno ne fece 5 e mezzo, poi 6, adesso 9-10. Quindi, ne realizzammo subito un altro di 110 stanze nel New Jersey, che pure andò molto bene”.
Il matrimonio, i suoi rituali e i festeggiamenti collegati a questo momento molto importante nella vita della coppia come dell’intera comunità, riunisce in sé allo stesso tempo il forte legame con le tradizioni, tanto più quando si è lontani dal paese di origine, e una quantità massiccia di mode, tendenze, manie che inevitabilmente influenzano le scelte degli sposi. Dal suo punto di osservazione di imprenditore nel settore dei ricevimenti, Victor tratteggia un quadro molto interessante di come in questi circa 50 anni dall’inizio della loro attività, la società americana sia cambiata. “Una volta, c’era un protocollo che tutti seguivano, per esempio gli italiani chiedevano sempre lo stesso cibo, mentre adesso la gente è più esigente… I nostri connazionali non vengono più negli Stati Uniti, sostituiti da messicani, colombiani, honduregni. Arrivano poverissimi, ma nel giro di due, tre generazioni i loro figli si laureano, giocano a baseball e, naturalmente, vogliono sfavillanti sposalizi. E poi indiani, cinesi, russi: e noi per essere competitivi ci siamo dovuti adeguare alle loro richieste e usanze in tema di matrimonio, dal cibo all’organizzazione dell’evento. La cucina messicana ormai la conosciamo bene, è entrata in maniera diffusa nella cultura americana. Per i russi abbiamo uno chef dedicato, molto complicati sono i gusti degli indiani, che esigono la loro cucina e quindi dobbiamo rivolgerci all’esterno, a chef indiani”. E quando gli chiediamo di spiegarci come ci si sposa in America oggi, dopo aver premesso che “in questo mestiere il NO non esiste, perché a una sposa non si può mai dire no”, aggiunge però che “le donne guardano troppo la televisione e si fanno suggestionare… In TV è molto seguito il reality show del famoso wedding planner David Tutera che mette in scena matrimoni di vip, trasformando interi castelli in location da favola. E le future spose vorrebbero lo stesso per sé, per quanto naturalmente il budget sia diverso! Mentre un tempo trovavano perfetti i saloni che noi mettiamo a disposizione, adesso sempre più spesso vogliono modificarli, caricandosi di spese che possono essere anche superiori al costo dell’evento in sé”. La sposa può arrivare a cambiare abito anche quattro volte, e – cosa questa in linea con la tradizione e che accomuna ogni paese – è d’obbligo servire tantissime portate al banchetto di nozze. La prima tappa sono gli assaggini che restano a disposizione degli ospiti per circa un’ora, poi seguono gli antipasti, e ancora una zuppa o la pasta (adesso la scelta può arrivare anche a otto primi, mentre un tempo era fra tre), e poi carne e pesce di pregio, ma anche pollo e un piatto vegetariano. Insomma, il lavoro diventa sempre più impegnativo per chi organizza il ricevimento, e la competizione è sempre più forte: “quando abbiamo iniziato a New York c’erano 19 location per matrimoni, oggi siamo in 90! Non solo, sono entrati in questo settore anche indiani, spagnoli, egiziani. Tuttavia, siamo stati sempre pronti ad affrontare la concorrenza e rimaniamo i migliori, mentre tanti altri hanno dovuto chiudere”.
Un matrimonio dura minimo 5 ore: pochissimo se confrontato con l’usanza italiana, per la quale sembra quasi che quel giorno l’orologio non esista. I tempi serrati e la puntualità di tutti i protagonisti consentono di celebrare fino a 6 sposalizi in una giornata, distribuiti fra tre sale, all’interno di un’unica sede. Per esempio il primo matrimonio inizia a mezzogiorno e termina alle cinque in modo che, dopo aver pulito, possono accoglierne un altro. I costi dipendono molto dal mese e dal giorno prescelti per l’evento: “suggeriamo a chi non può pagare 130-150 dollari a persona – quanto costa sposarsi con Scotti Brothers nei periodi più richiesti, fra aprile e luglio e a settembre e ottobre – di scegliere i periodi di bassa stagione come il mese di marzo, quando il costo scende a 85 dollari. Così siamo in attività tutto l’anno, cosa fondamentale per conservare l’occupazione: più di 100 dei miei dipendenti lavorano con gli Scotto da oltre 25 anni, un paio di anni fa si è ritirata un’impiegata che è stata con noi per 39 anni. Per me il legame con loro è fondamentale: sono professionisti che sanno già tutto ciò che si deve fare, conoscono la cucina meglio di me, e sono un elemento essenziale del successo degli eventi creati da noi, e se non garantissi l’occupazione tutto l’anno, finirei per perderli”. E fra il business del wedding, i ristoranti, con cui sono presenti anche a Las Vegas, e gli hotel, i dipendenti sono più di 1000. Per realizzare tutto questo Scotto Brothers collabora con partners che realizzano scenografie, addobbi, video, foto e che sono a disposizione per dare corpo ai sogni delle spose e trasformare in realtà tantissimi spunti creativi per il ricevimento, gli inviti, gli allestimenti, l’intrattenimento degli ospiti. Durante tutto l’anno, oltre ai matrimoni, i sontuosi e versatili spazi dello Chateu Briand e del Fox Hollow, con i loro set per il servizio fotografico arredati in stile, suggestive possibilità di illuminazione, catering di qualità, accolgono anche tante feste aziendali, eventi e anniversari, e sono a disposizione per altri momenti importanti che scandiscono la vita delle persone: uno di questi è Sweet Sixteen, che festeggia il compimento dei sedici anni. Una festa molto popolare, qualcosa di simile alla nostra maggiore età: i colombiani lo chiamano Quinceanera, gli ebrei lo celebrano ai tredici anni, è il Bar Mitzvah per i maschi e Bat Mitzvah per le ragazze e le famiglie sono disposte a spendere molto per questo tipo di eventi. Intanto, una nuova generazione di Scotto ha affiancato i genitori: Victoria, la figlia di Victor, è wedding planner, mentre il figlio è direttore, dopo aver frequentato un’ottima scuola alberghiera e master in hotel e restaurant management. In comune con il padre la stessa passione per il bello e l’ospitalità, la stessa determinazione a continuare il sogno americano della famiglia Scotto, iniziato oltre 50 anni fa…
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