n.09/2006
Photo: Giuseppe Arcamone
Text: Redazione Ischiacity
Di Salvatore Ronga, ischitano, trentaseienne, in primo luogo colpiscono i modi gentili, l’educazione, l’atteggiamento tranquillo che lo fa sembrare più grande, il suo understatment, in piacevole contrasto con la lucidità e la decisione che mette quando parla della cosa che ama di più, il teatro. Studi e laurea in architettura gli hanno consentito di occuparsi di scenografia, abbastanza per capire che questo ruolo in un certo senso gli stava stretto. Lo scenografo, infatti, deve, in linea generale, stare al servizio del regista, mentre lui tendeva a sostituirsi a quest’ultimo, tant’è che una sua scenografia proposta per il ”Faust” di Edoardo Sanguineti nell’ambito di un seminario universitario, fu definita dallo stesso autore “una regia di carta”.
E infatti anni dopo, quando si sente pronto per iniziare a realizzare lavori teatrali, lo fa come regista. È un uomo colto Salvatore, dotato di estrema sensibilità per i testi letterari, che assimila per poi riviverli come parte di se stesso, ma conosce anche le tecniche che fanno il teatro, quelle dei grandi registi del Novecento, come Visconti e Strehler, fino alle più moderne, tenendo tuttavia sempre ben presente la plurisecolare storia della rappresentazione dal vivo. In primo luogo – puntualizza subito – il regista teatrale deve essere deciso, stabilire limiti e confini ben chiari, ma è indispensabile allo stesso modo che sappia ascoltare e comunicare con gli attori. “Se, infatti, il regista ha in mente una bellissima visione dell’opera prescelta ma non gli riesce di trasferirla agli attori e poi, attraverso di loro, al pubblico non ha raggiunto il suo scopo”. Si sente il rigore della sua impostazione quando spiega che ogni oggetto che è in scena, come ogni atto e movimento degli interpreti, deve avere senso all’interno della logica di quanto si va a rappresentare, non ama l’enfasi della gestualità fine a se stessa e di scenografie svuotate di significato. E ciò è tanto più importante, dato che il teatro moderno punta meno sulle scene, che per lo più hanno perso di realismo per acquistare un ruolo soprattutto evocativo e molto sull’impostazione registica e sulla recitazione, attribuendo di conseguenza maggiore responsabilità agli attori ed all’uso che fanno in scena del proprio corpo. Data quindi l’impostazione (è lui che sceglie i testi da rappresentare), Salvatore vuole che i suoi attori lavorino con una certa libertà, e in questo modo è riuscito a ottenere performances che essi stessi non immaginavano possibili, portando allo scoperto doti e fascino di cui spesso non erano neppure consapevoli e riuscendo a convertirli in capacità scenica.
Per un regista così, l’allestimento di un’opera si trasforma in un viaggio lungo il quale si deve essere anche disposti a cambiare strada, quando necessario, se ad esempio, i contributi dati dagli attori, che divengono quindi anche dei collaboratori, rivelano letture più convincenti. Queste riflessioni hanno tanto più significato, in quanto Ronga lavora sempre con attori non professionisti, nel laboratorio teatrale del Liceo Classico “Giovanni Scotti” di Ischia con il “Progetto teatro classico”, promosso 5 anni fa dalla preside Franca Di Meglio, e in Officina Arteteka, la sua compagnia nata solo 3 anni fa. E i successi raggiunti in entrambi i casi sono notevoli. Con gli studenti, dopo una prima, riuscita, esperienza che vedeva coinvolte anche scuole di altri paesi, ha partecipato dal 2002 al 2005 al “Festival nazionale del teatro scolastico” di Cesena, il più prestigioso evento dedicato al teatro per gli studenti, con una giuria composta da attori e registi. Le domande di partecipazione, da scuole di tutta Italia, sono circa 300 all’anno per esserne poi selezionate solo 7 che mettono in scena il proprio allestimento nel teatro della città. Ebbene, sia alla prima che alla seconda partecipazione i ragazzi di Ischia guidati da Salvatore Ronga hanno vinto il primo premio (con “Lisistrata” e “Le nuvole” del commediografo greco Aristofane), seguite da 2 menzioni d’onore. Quest’anno allestiranno “Dio”, un lavoro di Woody Allen, sul tema molto amato dei meccanismi che muovono il teatro stesso.
I criteri di scelta delle opere da rappresentare sono chiarificatori del suo modo di concepire il teatro. Ai testi nati per la scena, preferisce, di solito, opere letterarie ‘solide’ su cui lavora per adattarle alla rappresentazione, a partire dalla regola di non aggiungere nulla ma di poter operare solo dei tagli. È stato così per la serie di monologhi “Fuochi” di M. Yourcenar, seguiti da “Gli scherzi” di Cechov, “Medea” di Seneca, il poemetto “La batracomiomachia” di Omero, in una versione settecentesca in napoletano, la raccolta di racconti “Alef” di Borges e non va dimenticata “Elettra” di Hoffmanstahl, un tema della tragedia antica rivisto alla luce della psicanalisi. E il sogno di Salvatore è adattare per il teatro “Cent’anni di solitudine” di G. G. Marquez! “Ciò consente di avere più libertà e al tempo stesso pone problemi che rendono più stimolante il lavoro di allestimento e dà spazio a soluzioni che possono essere molto soddisfacenti sia per la regia che per il pubblico”, ci spiega.
Per l’estate 2006 la sua compagnia teatrale Officina Arteteka, composta da attori che si sono avvicinati al teatro nel laboratorio della scuola (Viviana Mancini, Miriam Scotti, Massimo Sollino, Albino Russo, Maria Buono e Francesco Iacono, cui si aggiunge lo stesso Ronga), ha preparato uno spettacolo sul personaggio di Don Giovanni, tratteggiato attraverso stralci di Molière, Goldoni e altri autori e con variazioni sulle musiche di Mozart; inoltre un allestimento del “Faust” di Sanguineti e, con i giovanissimi partecipanti al laboratorio di teatro estivo, un grandissimo classico, da far tremare le vene dei polsi, “Edipo Re”. Ancora commistioni, riprese di opere poco note ma anche confronto con i giganti della cultura mondiale: in comune avranno l’originalità e la sensibilità dell’interpretazione che si possono ottenere solo con un lavoro accurato e intelligente.