Friday, November 22, 2024

TURISMO: SOSTENIBILITÀ, QUEL LIMITE DA NON SUPERARE

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Per discutere di Turismo sostenibile sono necessarie alcune considerazioni.
Il fattore produttivo più importante nel Turismo è il territorio che è un bene che appartiene alla intera collettività ed essa, nel suo insieme, è chiamata a mantenerlo; in alcuni casi a migliorarlo valorizzandolo. Un territorio che abbia le giuste caratteristiche ambientali, paesaggistiche, storiche, culturali rappresenta una condizione necessaria per poter diventare una destinazione turistica; poi i trasporti, i luoghi dell’abitare, la ristorazione, il commercio, l’intrattenimento concorrono insieme a completare l’offerta turistica. L’offerta complessiva espressa dal territorio deve tener conto della variabilità della domanda che in alcuni momenti dell’anno, a secondo della stagione, aumenta notevolmente e, a questa variabilità, deve adeguarsi continuamente. Ciò significa che la destinazione turistica deve avere un elevato grado di elasticità nell’erogazione dei servizi ed essere capace di soddisfare una domanda che in alcuni periodi dell’anno diventa più pressante, spesso in modo imprevedibile, rispetto a quella esercitata dai soli residenti. Il territorio, attraverso le sue istituzioni pubbliche, deve dare risposte alla pressione turistica generata anche sulle infrastrutture. Ecco, allora, che le destinazioni turistiche che rincorrono una domanda mutevole e spesso imprevedibile richiedono maggiori investimenti, maggiori costi sociali, maggiore oneri per tutti. Il tutto va bene fino a quando il Turismo produce benessere diffuso a vantaggio dell’intera collettività. Le cose però cambiano quando accade che produca benessere per pochi e disagi e maggiori costi per tanti. In questo caso si può parlare di Turismo non più sostenibile. Proviamo a fare degli esempi. Venezia durante i festeggiamenti di Carnevale. Affollamento enorme: sensi unici pedonali; difficoltà per raggiungere il posto di lavoro da parte dei cittadini che nel Turismo non hanno attività né dirette né indotte ma sono costretti, per bypassare gli ingorghi, a studiare e praticare percorsi alternativi per compiere i tragitti richiesti dalla quotidianità. Orbene, se questo disagio viene compensato dalla redistribuzione della ricchezza generata dal turismo a vantaggio di tutta la collettività, allora le cose vanno bene. Se però gli utili vengono assorbiti solo da parte di alcuni settori dell’offerta, mentre la gran parte della popolazione non ne beneficia e su di essa ricadono solo i disagi che genera il maggiore affollamento, le cose non vanno bene. In alcune località del nostro Paese il liberismo ha fatto sì che gli investimenti nel ricettivo hanno puntato sulle concentrazioni di alberghi da parte di pochi imprenditori. Concentrazioni che, attraverso una forte capacità produttiva, riescono a realizzare notevoli economie di scala offrendo al consumatore un prodotto a prezzi che piccole strutture non possono praticare, escludendole progressivamente dal mercato. Le logiche dell’economia, ancorché difficili da comprendere, sono queste e già è accaduto per le piccole botteghe alimentari dopo l’avvento della grande distribuzione attraverso i supermercati.
In questo caso la corsa al ribasso, a volte “necessaria” per non essere tenuti fuori dal mercato potrebbe creare un circolo vizioso ai danni non solo delle micro e piccole imprese, ma di tutta la collettività che paga i maggiori investimenti che richiede la località interessata da questo fenomeno.
In entrambe le situazioni, si potrebbe parlare di Turismo che ha superato il limite di sostenibilità e quindi di Turismo non più sostenibile.

E’ necessario che ci sia proporzione fra pressione turistica sul territorio e ricaduta economica positiva del sistema che questa pressione genera; quando quest’ultima aumenta a fronte di un mancato beneficio per il territorio nel suo complesso, il turismo ha superato il limite di sostenibilità.

Text_ Mario Rispoli

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