Text_ Pasquale Raicaldo Photo_ Dayana Chiocca Luigi Irace
I soldati in Afghanistan, i sopravvissuti di Chernobyl, le donne che combatterono durante la Seconda Guerra Mondiale e i milioni di persone che sotto i loro occhi hanno visto disfarsi la superpotenza sovietica e sulle rovine di quella nascere la nuova Russia, e da questo cambiamento epocale sono stati travolti, sono i protagonisti dei libri del Nobel per la Letteratura 2015, Svjatlana Aleksievic, al Premio Ischia Internazionale di Giornalismo per ricevere il riconoscimento per i Diritti Umani. La sua vita è raccontare la storia recente e l’oggi di un grandissimo paese e lo fa attraverso migliaia di interviste (lei lo definisce “romanzo di voci”) a quanti da quella storia, che in parte è cronaca, sono stati (e continuano a esserlo) drammaticamente segnati.
Passeggia tra i reperti del Museo di Pithekoussai, sgranando gli occhi davanti alla coppa di Nestore. La accompagnano Cecilia Prota, assessore alla Cultura del comune di Lacco Ameno, e l’archeologa Mariangela Catuogno. Anastasia restituisce in bielorusso le suggestioni di una visita straordinaria che il premio Nobel per la letteratura nel 2015, Svjatlana Aleksievic, dimostra di gradire, eccome.
E’ una serata di parole, soprattutto di parole sulla libertà quella ospitata a fine giugno a Villa Arbusto: un’occasione unica per sentire il racconto di questa elegante e profonda testimone, premiata per i Diritti Umani dalla giuria del Premio Ischia Internazionale di giornalismo, organizzato da Benedetto ed Elio Valentino. Al centro della sua indagine di giornalista e scrittrice gli eventi che hanno segnato la storia dell’ex Unione Sovietica e della galassia di Stati che è uscita dal suo disfacimento. Dalla guerra in Afghanistan alle ferite di Chernobyl, dai suicidi per lo scioglimento dell’Urss alla grande illusione della democrazia, con Gorbaciov, passando per il fenomeno Putin. Lei, la Aleksievic, ha fatto parlare i testimoni. Protagonisti di romanzi sorprendentemente veri, che spesso sconfinano nel reportage. E a Ischia, dove è arrivata con la semplicità dei grandi, senza tradire alcuna velleità da star internazionale – e facendo anzi irruzione nella libreria “Imagaenaria” e al “Focolare”, luoghi simbolo di cultura e culture isolane – ha parlato della grande sfida di chi oggi scrive. In libertà. “Mi considero una persona felice. Posso fare quello che voglio nella mia vita. E di questi tempi, è un vero lusso. Quanto alla libertà, noi tutti dipendiamo da molte cose. Ecco, la libertà è spesso un sogno”.
In un’edizione del premio Ischia che vede anche la presenza di un altro testimone di tragedie e contraddizioni della nostra contemporaneità, l’inviato di guerra Anthony Loyd (a lui il premio internazionale di giornalismo), Svjatlana Aleksievic ha conquistato per lucidità di analisi: “Stalin ha commesso il più grave dei crimini possibili, uccidere la propria gente. Con Putin siamo tornati indietro nel tempo, dopo il cammino di Gorbaciov verso la democrazia. Oggi basta guardare un tele
giornale russo per qualche giorno: carrarmati e guerra, non sembra di essere nel ventunesimo secolo ma negli anni più cruenti del ventesimo. Ho madre ucraina e padre bielorusso, dovrebbero essere uno contro l’altro. Non è certo una cosa normale”.
E ancora, un affondo sulla democrazia (“Non siamo riusciti ad arrivare a un modello di democrazia. Pensavamo, forse in modo romantico, che con la fine del comunismo ci sarebbe stata la svolta. Che quella era la strada giusta. E che fosse spianata. Ma non è stato così, purtroppo”) e un barlume di speranza per il futuro della “sua” Russia (“Non basta una generazione per liberarci dei germi del totalitarismo. Ci vorranno molti anni. Almeno altre due generazioni di giovani che guardino il mondo, comprendendo veri modelli di democrazia. Ecco, forse mia nipote, che oggi ha 12 anni, vivrà in una Russia diversa. Migliore”). Le chiedono di Donald Trump, lei non si tira indietro: “L’America ha gli anticorpi per uno come lui: le sue iniziative anche apparentemente antidemocratiche vengono bilanciate dagli organi costituzionali. La Russia, invece, non ha anticorpi per uno come Putin. Quello per la libertà è un percorso ancora lungo”.
Quando le annunciarono il Nobel stava stirando. Certe telefonate cambiano per davvero la vita: “Fu un’emozione meravigliosa”. La racconta a Ischia, nel cuore di una notte di mezza estate, accennando ai suoi libri, affreschi fedeli di tempi complessi: Preghiera per Chernobyl, Ragazzi di zinco, Incantati dalla morte, Tempo di seconda mano, La guerra non ha un volto di donna, Gli ultimi testimoni. Testimoni, già. Come lei, un Nobel di passaggio a Ischia. “Ma tornerò presto”, promette.